Associazione Davide Lajolo Odv

Saggi

30/05/2011

Testi di Brofferio e Lajolo letti a "Ulisse sulle colline" 2011

Ulisse sulle colline Vinchio, 28 maggio 2011 - Anteprima e .pdf integrale da scaricare

Testi di Brofferio e Lajolo letti a "Ulisse sulle colline" 2011

ANTEPRIMA 1 - Angelo Brofferio, un democratico del Risorgimento
Brani tratti da I miei tempi, dai discorsi al Parlamento subalpino e da Fisionomie parlamentari
(lettura di Aldo Delaude)

Castelnuovo Calcea nella provincia di Asti è patria del nebiolo, dei tartufi bianchi e dell’umilissimo servitore vostro che ebbe la rara fortuna di nascervi nella prima decade di nevoso, anno XI repubblicano, cioè nel 6 dicembre del 1802.

Angelo Brofferio riceve la sua educazione dal nonno e dal padre entrambi medici e nella biblioteca di famiglia trova libri di Dante, Alfieri, Voltaire, Beccaria. E’ un bambino curioso e ardente, pronto a ogni tipo di avventura, capace di  inventare giochi e rappresentazioni teatrali.

Io aveva circa sette anni allorché sopra l’osteria tenuta in Castelnuovo da Giacinto Clemente si vedeva un cartello che portava questo annunzio: “Grande teatro dei burattini. Questa sera si recita: Ginevra degli Almieri, ossia la sepolta viva, con Girolamo ladro di sepoltura.
Questo cartello era stato affisso da un ciabattino che veniva da Asti, il quale, dopo aver fatto ciabatte per tre o quattro giorni, si metteva a far palle e palloni per tre o quattro giorni; e poiché ebbe vendute tutte le sue palle e le sue scarpe apriva il GRANDE TEATRO.

Dopo molti anni ho visitato i primi teatri dell’Italia e della Francia, ho assistito alle più clamorose rappresentazioni di prosa e di musica, ma al contrario dei burattini del mio ciabattino i grandi artisti mi parvero sempre delle teste di legno, perché quel teatro di Castelnuovo mi fece scoprire per la prima volta nell’anima mia una favilla di poesia che più tardi non doveva essere dimenticata.

Alla festa di Castelnuovo veniva Faiotto. Faiotto sapete voi cosa vuol dire?... A Castelnuovo le Fate si chiamano Faie e costui si chiamava Faiotto perché nessuna bacchetta di fata era di lui più potente a sorprendere e a incantare.
Faiotto era l’Orfeo dell’Alto Monferrato, non si crucciò mai di sapere la musica, ma quando egli apriva la bocca fremevano inconsapevolmente sulle sue labbra le più belle melodie dell’universo. Aggiungete che le sue cantilene ce le faceva ascoltare frammiste all’accordo di tutti gli strumenti: ed ora ci pareva di udire il guizzo del violino, ora il concerto del flauto, ora il gemito della chitarra, ora il sospiro dell’oboe, ora il fremito del contrabbasso, ora tutti insieme; e avreste creduto, chiudendo gli occhi, di udire una piena orchestra.

Non vi era uccello, rettile, non quadrupede a cui Faiotto non avesse rubato il gorgheggio...

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ANTEPRIMA 2 - A "La Ru"
I corsivi di Ulisse su L’Unità

(lettura di Valentina Archimede)

 Davide Lajolo viene chiamato a L’Unità di Torino come caporedatote il 26 aprile, il giorno dopo la Liberazione. Depone il mitra da partigiano e impugna la penna mantenendo il nome di battaglia Ulisse come segno ineludibile di continuare la lotta per la libertà e la giustizia sociale con i mezzi della democrazia e prima di tutto con il giornalismo militante.

Il 12 settembre 1945 Lajolo pubblica un duro corsivo contro l’arresto di alcuni garibaldini di Santhià accusati di aver ucciso un noto fascista durante le giornate dell’insurrezione, per cui subisce un processo alla Corte degli alleati inglesi che hanno ancora giurisdizione in Italia. Ulisse va in Tribunale pensando di sbrigarsela in poco tempo, invece è condannato per aver diffuso voci che avrebbero potuto perturbare l’ordine pubblico a sei mesi di reclusione (di cui cinque con la condizionale), insieme al direttore del giornale Ugolini, condannato a sei mesi di reclusione, tramutati in 80 mila lire di multa. Fra i lettori si apre una sottoscrizione per pagare la multa e molti operai comunisti inviano ad Ulisse in carcere ogni genere di sostentamento, che lui distribuisce ai detenuti, diventando loro amico. Ritornato libero Ulisse scrive su L’Unità molti articoli sulla condizione carceraria, disegnando con capacità narrativa i suoi compagni di cella, prestando particolare attenzione alla situazione delle donne e rivendicando per tutti, anche per gli assassini, i diritti alla dignità umana.

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