02/11/2018
Sono nata nella notte delle masche
di Laurana Lajolo
Sono nata nella notte delle masche, quando i morti vengono a trovare i loro parenti ancora vivi secondo una tradizione arcaica, in cui si credeva che i morti non se ne andassero mai dalle loro case. E io ci credo, perché nella vecchia casa di Vinchio continuano ad esserci oggetti e ricordi di coloro che l’hanno abitata nei secoli.
La casa è iniziata nel 1623, anno di peste, in cui una famiglia Lajolo ha trovato scampo dal morbo nero costruendo in fretta e furia con mattoni crudi un riparo in un bosco popolato da lupi. La via della vecchia casa si chiama ancora via Alta Luparia. E il bosco salvò quella famiglia e un’altra, i Siriati, poco distante, mentre l’epidemia falcidiava la gente del paese, tanto che al fondo di un viottolo fu aperto un cimitero per ospitare i cadaveri.
Quella casa ha quindi il segno della sopravvivenza, anche se i suoi abitanti hanno avuto una vita difficile e breve, ma, nel tempo, molto lunga tra i muri della casa. In sostanza è una casa-racconto, che, nel momento in cui se ne sono andati i miei parenti più prossimi, mi ha abbracciata e non mi ha più lasciata andare via, come se io avessi bisogno di lei per avere forza e lei di me per mantenersi integra.
Ha preso molto tempo della mia vita, ma mi ha restituito le lunghe esistenze della gente di casa.
Ora è quasi venuto il tempo che anch’io entri in quelle esistenze “lunghe” e rimanga tra quella mura con le mie sensazioni gioiose, il piacere degli oleandri e delle rose, i dolori consumati con i miei cani, preziose creature affettuose.
Entrerò anch’io nella lunga storia degli avi, anche se la casa-racconto sarà venduta o andrà in rovina. Quei mattoni di tante epoche diverse continueranno a raccontare storie.
Ma torniamo alla mia nascita, nella notte del 2 novembre in piena guerra. Sono venuta alla luce ad Ancona sul tavolo di cucina di un appartamento in via Trieste 10, con la signora Alba che ha aiutato mia madre a partorire, in attesa che arrivasse un’ostetrica nonostante il coprifuoco. Sono nata allegra e paffuta e ho reso felice come non mai mia madre, che aveva avuto due aborti e che in casa di mio padre ritenevano già sterile: “Una bella pianta che non dà frutti”, le disse una volta mio nonno.
Mio padre voleva un maschio, ma si accontentò e mi volle subito un bene viscerale, introducendomi alla vita con una poesia per consolarmi della mia nascita in mezzo alla guerra e ai lumini dei morti.
Laurana
Quando autunno è ancora vivo di sole
- dolce novembre – rose e garofani – sei venuta
Laurana
nell’ora lunare
a recare primavera di sangue giovane.
E di noi il cuore e la vita hai, di noi,
o fatta di fiato.
Felicità viene dal cielo:
per la tua gioia offriamo la nostra tristezza
a sorridere, ad aspettarti fanciulla,
quando sventolerai le trecce al sole
contro le nostre tempie grigie.
Tu nata d’autunno
a fare primavera.
Quei due versi Tu nata d’autunno a fare primavera li ho ripetuti molte volte per avere la tenerezza di mio padre e l’energia di mia madre per vivere e per crescere Valentina.
Mi auguro buon compleanno.
2 novembre 2018