Associazione Davide Lajolo Odv

Saggi

28/03/2020

Lina Borgo Guenna, introduzione

da A.Argena, G. Gaballo, L. Lajolo, L. Ziruolo, "Lina Borgo Guenna. Un’esperienza educativa laica", con prefazione di Remo Fornaca, Israt, 2009

Lina Borgo Guenna è stata un’educatrice molto importante per la città di Asti, dove  dal 1911 (anno in cui fu chiamata a dirigere l’Asilo Ferrer) al 1932 (anno della sua morte) gestì istituzioni laiche, facendo interessanti esperienze didattiche. Diresse l’Asilo (denominato Educatorio Infantile nel 1915), l’Orfanotrofio maschile e il doposcuola durante la prima guerra mondiale e quindi l’asilo nido Onmi nel 1929. Ma la sua formazione culturale e pedagogica era avvenuta a Novi Ligure, dove nacque nel 1869, e ad Alessandria, dove visse dal 1895 al 1911, dopo il suo matrimonio con Enrico Borgo.  

Il volume ricostruisce il suo percorso esistenziale e professionale partendo dall’ambiente familiare e dalla sua prima esperienza all’Asilo Garibaldi nella città natale per giungere a delineare il suo metodo e la sua concezione dell’educazione, che si espresse compiutamente ad Asti, inserendo  la  sua biografia nell’articolato  quadro del sistema educativo laico ad Alessandria dalla seconda metà dell’Ottocento agli inizi del Novecento e delle istituzioni astigiane nei primi anni Trenta del Novecento. Quattro i saggi che lo compongono: nei  primi due si ricostruisce la personalità di Lina.  Nel primo Graziella Gaballo analizza il periodo della formazione a Novi Ligure  e della giovinezza ad Alessandria e  nel secondo  Laurana Lajolo delinea il ruolo svolto da Lina Borgo ad Asti. Nei due saggi della seconda parte Luciana Ziruolo ha tracciato la storia delle strutture  alessandrine e Agnese Argenta di quelle astigiane nell’intreccio con l’attività delle amministrazioni locali.

E’ stata approfondita  la figura significativa di un’educatrice che visse nel periodo storico, in cui prese consistenza e qualificazione l’istruzione pubblica e laica (non statale) per le classi subalterne, superando la concezione meramente assistenzialistica e confessionale propria delle istituzioni religiose dell’epoca. Una fase storica, quella tra Ottocento e Novecento, caratterizzata da una ricca ricerca pedagogica e dalla definizione di nuovi metodi educativi, insieme all’istituzione di scuole pubbliche laiche, che fecero riferimento alle leggi sulla scuola dell’Italia unificata, alle scelte amministrative dei Comuni in campo educativo, all’impegno propositivo ed operativo di benefattori orientati dall’ideologia risorgimentale liberale, socialista e di appartenenza massonica.

Le autrici hanno condotto le loro ricerche sudocumenti inediti forniti dai familiari di Lina per gli aspetti privati della sua biografia e  sulle carte d’archivio,  particolarmente copiose e finora scarsamente studiate,  per le istituzioni educative alessandrine e astigiane; sono stati utili strumenti di riferimento, inoltre,  anche tesi di laurea e a saggi di carattere pedagogico e storico.

Il saggio Carmelina Guenna: la famiglia, la giovinezza e gli anni della formazione di Graziella Gaballo parte da una descrizione del fecondo ambiente culturale e dello sfaccettato contesto politico di Novi Ligure nella seconda metà dell’Ottocento per fare riferimento alla storia della famiglia Guenna, che ebbe un ruolo importante in città sia per le attività imprenditoriali che per le frequentazioni con personalità della cultura, della politica e della Massoneria laica e riformista, da cui Lina fu sicuramente influenzata.

Assorbì, infatti, nella sua  giovinezza sensibilità, interessi e curiosità intellettuali e alimentò lungo tutta la sua vita la passione per la scrittura, il teatro, la musica. Nel 1882, alla morte del padre che aveva privilegiato l’espressività musicale piuttosto che gli affari, Lina a tredici anni fu costretta a causa delle  precarie condizioni economiche in cui venne a trovarsi la famiglia, a iniziare a lavorare presso un asilo e, avendo in seguito conseguito la patente per l’insegnamento alla Scuola Normale di Alessandria, diventò vicedirettrice dell’asilo Garibaldi della sua città. In quel periodo si avvicinò alle idee socialiste, collaborando anche con l’avvocato novese Giacomo Basso, amico di Turati.

A 25 anni si innamorò di Enrico Borgo, più  giovane di lei di cinque anni, che sposò nel 1895, trasferendosi ad Alessandria,  dove il marito svolgeva un  impiego pubblico ed era ben introdotto negli ambienti culturali, giornalistici e istituzionali della città. Il nuovo  nucleo familiare crebbe rapidamente con la nascita di nove figli, di cui tre morti in tenera età.

Lina Borgo Guenna, pur non svolgendo un lavoro continuativo forse anche a causa delle numerose maternità, partecipò attivamente a molte iniziative degli ambienti progressisti della città, guadagnandosi ampia considerazione e pubblici apprezzamenti. Coltivò le sue propensioni culturali (all’Università popolare) e quelle educative, seguendo con interesse i metodi praticati nelle istituzioni laiche alessandrine (gli asili, i ricreatori, i convitti, gli orfanotrofi), in cui  erano evidenti i fermenti di ricerca pedagogica e di impegno sociale. Infatti, gli amministratori liberali, democratici e socialisti sostenevano l’educazione laica come strumento dell’emancipazione dei lavoratori in modo convinto e programmatico ed erano impegnati ad aprire nuovi servizi, ricercando anche  finanziamenti dai privati. Nel 1909 Lina Borgo Guenna fu nominata amministratrice del Convitto laico femminile.

Rimasta vedova nel novembre del 1910, Lina  accettò all’inizio del 1911 l’incarico di dirigere l’asilo laico di Asti, voluto dalle maestranze della società cooperativa Vetreria Astigiana  per i figli delle famiglie operaie e intitolato al pedagogista anarchico Francisco Ferrer, giustiziato dal governo spagnolo nel 1909. Dimostrando un’eccezionale capacità di lavoro e un serio impegno professionale, strutturò l’organizzazione e l’orientamento educativo dell’asilo, anche riferendosi ai modelli alessandrini. Vi impresse comunque un’impronta educativa personale, definendo un proprio metodo nel vivo dell’esperienza pedagogica. Laurana Lajolo, nel saggio Lina Borgo: un miracolo di attività, delinea il periodo astigiano, questa  fase intensa e complessa della sua vita e delle sue attività.

Nel cospicuo fondo documentario conservato nell’Archivio storico del Comune di Asti molte sono le pagine autografe di Lina inerenti al suo lavoro: appunti, saggi sul metodo, annotazioni sui problemi educativi incontrati giorno per giorno, relazioni annuali, lettere, note spese; una congerie di carte che ha reso molto impegnativo e, al contempo, molto interessante ricostruire il suo percorso. Lina Borgo, nei suoi vent’anni di permanenza ad Asti, svolse infatti una funzione originale ed insostituibile nel sistema educativo della città, stabilendo un forte legame  tra la  scuola, il quartiere operaio e la città.

Costruì dal nulla le istituzioni laiche in funzione dei bisogni educativi delle famiglie operaie con un’originale progettualità didattica e una notevole capacità gestionale, organizzando anche apprezzate attività culturali pubbliche in campo teatrale e musicale a beneficio della scuola.

L’Educatorio Infantile, negli anni tragici della Prima guerra mondiale dovette rispondere alle emergenze sociali causate dal conflitto accogliendo gli orfani e i figli dei richiamati, le cui madri andavano a sostituire in fabbrica i mariti al fronte. Uno sforzo immane per Lina Borgo, che diventò direttrice anche dell’Orfanotrofio e del doposcuola e si impegnò con abnegazione e determinazione perché le ristrettezze economiche, in cui versavano quelle istituzioni, non compromettessero l’orientamento educativo esaurendolo in compiti puramente assistenziali.

Gli industriali parteciparono alla gestione finanziaria dell’asilo laico, considerandolo un servizio essenziale  per le loro maestranze e un deterrente del disagio sociale. E la direttrice ebbe la capacità di dialogare con interlocutori molto diversi: gli amministratori, i responsabili del Comune, gli imprenditori, i benefattori e le famiglie operaie e riuscì a conciliare le diverse istanze per il bene dell’istituzione.

Nelle situazioni difficili e complicate la direttrice seppe esercitare una fine arte diplomatica e trovò alleati importanti soprattutto nel sindaco socialista on. Annibale Vigna e nel Presidente dell’Educatorio l’imprenditore Giovanni Penna. Tra la fine dell’Ottocento e il primo Ventennio del Novecento l’amministrazione della città fu, infatti, retta da maggioranze di liberali e di socialisti alleati con la borghesia ebrea e con esponenti facoltosi della Massoneria.

Alla fine della guerra Lina Borgo diventò un riferimento carismatico per la città sia negli ambienti della borghesia laica che in quelli operai per i risultati significativi conseguiti in condizioni eccezionalmente ardue. Nel 1921 Borgo fu insignita della Medaglia d’argento del  Ministero della Pubblica Istruzione per i meriti educativi e le vennero, in più occasioni, tributati grandi elogi per la cultura approfondita e le notevoli doti oratorie.

Affermatosi il fascismo, ella difese l’impostazione educativa dell’Educatorio con atteggiamento fermo anche se non ostile e le autorità fasciste imposero le loro regole gestionali, ma non contrastarono i suoi programmi, esprimendo nei suoi confronti deferenza e stima.

Per i suoi funerali le aziende sospesero il lavoro per consentire alle maestranze di seguire il feretro. Subito dopo la sua morte le fu intitolato l’Educatorio e un busto fu posto nell’ingresso dell’asilo.

Nella pratica educativa, nonostante fosse sostanzialmente un’autodidatta, Lina Borgo operò scelte precise e qualificate considerando l’educazione il veicolo privilegiato del riconoscimento dei diritti delle classi lavoratrici e del superamento delle differenze sociali e culturali e il nucleo più importante della formazione del bambino  e del futuro buon cittadino. Criticò in molte occasioni la scuola statale in quanto burocratica e rigida, a cui contrappose la scuola laica e libera da dogmi religiosi e da vincoli ministeriali, capace di sperimentare nuove metodologie e nuovi programmi.

Lina Borgo Guenna, nel suo periodo astigiano, diede prova di un’efficace propensione educativa e di una straordinaria capacità di lavoro, intervenendo in ogni settore delle istituzioni che diresse: dai principi educativi alla gestione amministrativa, dall’insegnamento della lingua e dei numeri al teatro alla musica alla poesia.  Proprio per le sue qualità personali e per il generoso impegno stabilì una stretta solidarietà con il personale dell’Educatorio, di cui curò la formazione con l’esempio e la condivisione della pratica educativa. Per merito della sua tenacia conseguì molti ambiziosi obiettivi con strumenti limitati: la direttrice era infaticabile e le maestre la seguivano, senza avanzare rivendicazioni salariali o normative soprattutto nei momenti più difficili di vita dell’istituzione. Borgo esercitò il suo prestigioso ascendente, oltre che sulle collaboratrici e sui bambini, sul Presidente e sul consiglio di amministrazione, che le espressero un’incondizionata fiducia.

Nel corso della sua esperienza di insegnamento e di direzione, giunse a strutturare un proprio metodocon precisi orientamenti didattici rivolti a formare il bambino alla disciplina della mente, alla conoscenza, all’autonomia dei comportamenti, e nel contempo a lasciare molto spazio alla creatività e alla libera espressione artistica. Lei stessa ideò e costruì materialmente, insieme alle maestre, ingegnosi sussidi didattici. La sua formazione pedagogica avvenne contemporaneamente alla pratica educativa, mantenendo il diretto rapporto con i bambini. Non fu propensa, pertanto, a indulgere a teorizzazioni pedagogiche, ma semmai a sperimentare e a riflettere a posteriori sui risultati. Il suo metodo prese avvio dalla sintesi di correnti pedagogiche diverse: dalla concezione anarchica al positivismo, da Vittorino da Feltre a Pestalozzi a Froebel, applicandole a poliedriche attività culturali e didattiche. Riuscì così a dare definizioni sistematiche agli esempi sperimentali e a tradurli, attraverso una solida visione d’insieme dei problemi, in concreta operatività.

Criticò, ad esempio, Maria Montessori, pedagogista tanto più nota e fortunata di lei, per la sua scientificità astratta e in certo senso corresse Froebel, integrando l’enfasi posta sul sentimento e sul gioco con il richiamo al metodo di lavoro, alla disciplina, all’applicazione, dando molto peso alla conoscenza, al leggere, allo scrivere, al far di conto già nella scuola dell’infanzia

L’impegno in campo didattico ed educativo di Lina Guenna, così come i suoi progetti e le sue realizzazioni sono stati inseriti dalle quattro studiose nella dimensione culturale, sociale e pedagogica del tempo, con particolare attenzione alla rete istituzionale educativa presente ad Alessandria e ad Asti. La concezione del metodo con la chiara impronta sociale di Lina Borgo Guenna  rientra, infatti, a  pieno titolo nell’ambito del pensiero laico e progressista del tempo, fortemente influenzato da valori risorgimentali e anticlericali. Furono, infatti, gli esponenti liberali e della Massoneria a fondare l’unità del Paese su una concezione laica dello stato in contrapposizione alla Chiesa, le stesse leggi di riforma della scuola, ancora prima dell’unificazione, sottolinearono il carattere statale e laico delle istituzioni educative e tale principio di autonomia dello Stato fu ripreso dal positivismo e dal pensiero socialista. In effetti, l’educazione era considerata da anarchici, socialisti e liberali, pur da diversi punti di vista, fondamentale per affrontare la questione sociale delle classi lavoratrici aperta dalla recente industrializzazione. I governi della Sinistra storica consolidarono, poi, le strutture scolastiche statali con il riconoscimento del diritto all’istruzione alle classi più povere.

Luciana Ziruolo, nel saggio L’educazione laica ad Alessandria dall’Unità al nuovo secolo, delinea il quadro, per molti versi inedito, delle istituzioni laiche, facendo riferimento alla tradizione progressista, democratica e socialista con indicazioni precise sugli orientamenti dell’ambiente alessandrino che possono aver influito sulla preparazione di Borgo prima della sua esperienza educativa ad Asti. I Ricreatori laici (ad Alessandria venne istituito  nel 1894), nascevano a ridosso dei programmi del positivista Gabelli del 1888 ed erano pensati come luoghi alternativi alle istituzioni religiose, un anello intermedio fra la scuola e le famiglie in grado di fronteggiare la questione sociale con un’azione educativa preventiva che doveva provvedere allo sviluppo fisico, morale e intellettuale dei giovinetti. Inizialmente il Ricreatorio poteva essere frequentati nei giorni di vacanza, dai maschi delle ultime tre classi delle scuole elementari, mentre agli inizi del nuovo secolo l’azione educativa fu estesa ai ragazzi dai 6 ai 18 anni con il sostegno degli amministratori liberali e socialisti.  Nel 1900 si aprì anche un Ricreatorio laico femminile  e l’industriale Borsalino inaugurò, a sua volta,  l’Educatorio per i figli dei dipendenti.

Nella seconda metà dell’Ottocento fu molto attiva in città la Società per l’istituzione degli asili infantili, fondata nel 1844. Gli asili seguirono inizialmente il modello di Ferrante Aporti, poi modificato verso la fine del secolo con il metodo di Froebel. Ziruolo dà informazioni dettagliate riguardo al numero degli utenti, agli organici, all’ubicazione dei locali e alle personalità che se ne occuparono.                                                                    

Nel 1901 cominciò a funzionare  l’Università popolare, sull’esempio di quella torinese istituita l’anno precedente. Ne fu segretario Enrico Borgo e vi collaborò anche Lina, tenendo lezioni di letteratura e l’apprezzata commemorazione del filosofo Giovanni Bovio.

In seguito alla legge Boncompagni del 1848 che  prevedeva il passaggio dell’istruzione al Ministero della Pubblica Istruzione, ad Alessandria, nel 1850 fu aperto, con il compito di laicizzare la formazione giovanile, il Convitto nazionale maschile che fino al 1860 formò con il Collegio nazionale quasi un solo istituto Le accese polemiche (eliminare da parte)   degli ambienti clericali sulla auspicata preminenza dell’insegnamento religioso condussero, al momento della sconfitta dei socialisti nell’amministrazione cittadina da parte delle forze cattoliche, alla chiusura dell’istituzione nel 1911. La stessa sorte toccò al Convitto femminile per la Scuola Normale (previsto nel 1851 iniziò a funzionare nel 1861) che era diventato, nel corso degli anni, il più importante istituto laico femminile:  Lina Borgo ne fu componente del Consiglio direttivo tra il 1909 e il 1910.

Agnese Argenta delinea, infine,  la situazione economica, sociale e politica di Asti nel saggio Le istituzioni educative e le amministrazioni comunali ad Asti 1900-1930. Tra il 1906 e il 1908 vennero insediate in città due grandi fabbriche, la Vetreria e la Way Assauto. La  concentrazione di numerosa manodopera operaia nei due stabilimenti, collocati nella zona industriale individuata nel Piano regolatore del 1906,  provocò nuovi problemi a livello sociale. Sia le forze liberali che quelle socialiste tentarono, quindi, di governare il processo di industrializzazione, proponendo una risposta educativa ai bisogni di istruzione e di assistenza dei figli della nascente classe operaia.  Argenta si sofferma in particolare sulle politiche delle diverse maggioranze comunali nel campo dell’istruzione per l’infanzia,  con particolare attenzione alla storia delle istituzioni educative laiche nel confronto con il funzionamento degli asili religiosi, e  illustra anche i ruoli assolti da molte personalità dell’amministrazione e del mondo economico, in particolare dal sindaco socialista Annibale Vigna e dall’imprenditore Giovanni Penna, presidente dal 1913 fino alla sua morte (1941) sia dell’Educatorio che dell’Orfanotrofio. Ricostruisce, inoltre, l’iter della proprietà delle case popolari, costruite dalla società cooperativa, poi acquisite da Penna e quindi donate all’Educatorio, che ne ricavò un sicuro cespite finanziario.

La storia dello sviluppo dell’Educatorio e dell’Orfanotrofio, dal momento della loro istituzione con i relativi passaggi gestionali si conclude con l’interferenza delle autorità fasciste locali nell’organizzazione interna con i simboli e le ritualità del regime.

In appendice,  infine, vengono proposti un ricco apparato fotografico, che danno volti e movenze ai passaggi di metodo descritti, e una selezione dei documenti  ritenuti più significativi per illustrare le attività delle istituzioni educative studiate.

Quello che emerge  è la figura di una educatrice significativa in un periodo storico, quello tra Ottocento e Novecento, caratterizzato da una ricca ricerca pedagogica e dalla definizione di nuovi metodi educativi,  in cui prese consistenza e qualificazione l’istruzione pubblica e laica (non statale) per le classi subalterne, superando la concezione meramente assistenzialistica e confessionale propria delle istituzioni religiose dell’epoca.

Figura  sfaccettata e complessa, e anche perché anticipatrice di quei comportamenti autonomi affermatisi  solo molti anni più tardi. Propose, infatti, un modello di donna emancipata, ma non emancipazionista, originale rispetto alla mentalità del suo tempo.

Il ricordo del suo lavoro e del suo carattere forte, operoso e capace rimase per lungo tempo come esempio mai eguagliato nel mondo della scuola astigiana.

L’aver ricostruito la preparazione pedagogica, l’impegno sociale, la curiosità intellettuale e la carica umana di Lina Borgo Guenna e i contesti sociali, politici ed economici non ha esclusivamente un significato storico, ma rappresenta uno stimolo nel presente a riflettere sull’impostazione laica dell’educazione, sul rapporto tra scuola e società, sul ruolo degli educatori e sui diritti dei bambini, operando un raffronto critico e motivato con il passato.

(da A.Argena, G. Gaballo, L. Lajolo, L. Ziruolo, Lina Borgo Guenna. Un’esperienza educativa laica con prefazione di Remo Fornaca, Israt, 2009)

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