Associazione Davide Lajolo Onlus

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Il palpito della terra

Emozioni dalle parole di uno scrittore

Mostra digitale delle fotografie di Fabienne Vigna e Luciano Ghione.
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Nel centenario dalla nascita di Davide Lajolo, Luciano Ghione e Fabienne Vigna interpretano i luoghi "emozionali" dello scrittore, attraverso immagini che rappresentano il rapporto ancestrale di Ulisse con la sua terra: Vinchio, il suo nido.

Nascita di un progetto di Emozioni per immagini

Di Fabienne Vigna

Ho sempre fotografato cercando di racchiudere le mie emozioni e la mia visione del mondo in un’immagine.
Il che, se ci pensate, è un’operazione complessa, in quanto l’interiorità, ciò che proviamo, come ci sentiamo, è in continuo divenire, mentre un’immagine è qualcosa di statico.
Il mio obiettivo è da sempre stato creare immagini che restituiscano il flusso emozionale, lo scambio tra il cosmo che abbiamo dentro e l’Universo che ci circonda fuori, immagini che “respirino” di immensità, che non si collochino in un luogo o in uno spazio determinati, benchè da essi traggano inevitabilmente origine.

Quando ho iniziato a progettare uno studio fotografico su Davide Lajolo, famoso giornalista, partigiano e scrittore, ho pensato a che cosa mi avesse affascinata fin da bambina nei suoi scritti.

Piccolo Excursus

La figlia di Davide Lajolo, Laurana, era amica di famiglia dei miei genitori.
Organizza, da quando ne ho memoria, delle passeggiate culturali sui sentieri battuti da suo padre nei periodi di permanenza nel suo paese di origine, Vinchio.
Fu così che io iniziai a conoscere testi e memorie di questo personaggio, che in verità per la piccola me, era un “essere impalpabile”, che vagabondava per le sue amate colline, ce le faceva scoprire tramite le iniziative culturali di sua figlia, a cui immancabilmente i miei genitori partecipavano.
In un momento successivo affrontai in maniera più approfondita l’argomento, avendo redatto tesine sugli scrittori partigiani Fenoglio Pavese e Lajolo, appunto.
Di lì un continuo divenire, complice anche la famiglia in cui ero cresciuta, con un’insegnante di Italiano e Storia, e un papà avvocato che ha sempre amato anche lui la Letteratura e la Storia.

Il progetto

Quindi, quando ho approcciato Davide Lajolo a livello fotografico, sentivo già una certa sintonia con lui, d’altronde se continuavo a partecipare alle passeggiate organizzate da Laurana, era perché oggettivamente c’erano dei punti di contatto, oltre all'indubbia amicizia.

Mi sono chiesta: cosa potrei fare di diverso rispetto a tutto ciò che è stato proposto finora?
La risposta, immediata, è stata: “Non rappresenterò i luoghi, ma proporrò un VIAGGIO ATTRAVERSO LE EMOZIONI di questo scrittore”.

Una particolare risonanza me la fornì una corrispondenza tra una sfida fotografica che mi riproponevo da tempo e la preferenza di Davide Lajolo a passeggiare in un determinato momento della giornata.

Davide rientrava a Vinchio soprattutto nell’estate, e una delle cose che amava fare era passeggiare tra i vigneti, le boscaglie, e i dolci crinali, alle…..DUE DEL POMERIGGIO!! NEL PIENO DELLA CANICOLA.

La mia sfida consisteva nel fotografare alle due del pomeriggio (sic!), l’ora considerata la più improba, la più sconsigliata, la più inadeguata per la scuola di fotografia, definiamola “classica”.
Perchè? Perchè la luce è dura, il sole allo Zenith, le ombre corte, e “nessuna foto poetica può essere realizzata a quell’ora”…
Questa affermazione risuonava in me come una lontana eco...che per la logica contraria mi ha da subito ispirata.
Se la luce è dura e il paesaggio “bruciato dal sole”, non significa che non sia interessante.

E infatti Davide amava la natura proprio in quelle ore per svariate ragioni, che erano le stesse che muovevano me.
Innanzitutto la natura in quei momenti è deserta, ci sei solo tu, nel sole, nel caldo, ogni rumore sembra amplificato, tutto scrocchia sotto i tuoi passi e lontano si sentono soltanto dei latrati, il frinire delle cicale e un silenzio assordante.
Per quanto riguarda il mio modo di essere questa rappresenta un’ottima occasione di meditare, di rigenerarmi, lontano dalla confusione e dalla frenesia che quotidianamente ci attanaglia.

Anche le altre stagioni tuttavia sono state fondamentali nel mondo di Davide Lajolo.
E anche nella descrizione dell’alternanza delle stagioni ho avuto un approccio emozionale, e non classico. Ho infatti anche aggiunto due luoghi emotivi importanti per Davide, che non sono propriamente delle stagioni.

Le Cinque Stagioni del Cuore di Davide Lajolo

La tana

Capitolo in cui le immagini ritraggono i luoghi dove si sono nascosti i partigiani durante il rastrellamento del 2 dicembre 1944.
Davide si nascondeva ma il suo cuore “sobbalzava” pensando alla moglie e alla sua bambina spaurita tra gli spari. Tuttavia questa situazione di terrore e di incertezza non ha sconfortato lo scrittore, anzi, lui stesso recita: “Non ho mai sentito tanta volontà di vivere”.

Le immagini infatti sono state prodotte in inverno, con la neve alta, e cercano di denotare la rigidità e la solitudine, gli uomini che vivono come “talpe, sottoterra”.

Inverno

Capitolo in cui ho cercato di ritrarre la rigidità invernale ma con la poesia che emerge dagli scritti di Davide, sensazioni che anche io condivido.
L’inverno ha suscitato da sempre un fascino direi quasi primordiale su di me, cosa strana, peraltro, essendo geneticamente figlia dei Tropici.
Sono sempre stata rapita dal silenzio ovattato, dai fiocchi di neve, il mio sogno è quello di avere un camino, una poltrona, una coperta, un bicchiere di whiskey e un buon libro, e guardare la neve che cade, lentamente, sofficemente.
Trovo che abbia qualcosa di magico, e che i paesaggi nordici, con le loro luci, siano fonte di un’attrazione molto forte.
Davide, in una delle citazioni cui mi sono rifatta per progettare la stagione invernale, recita:
“Il bianco diventa un colore infinito. Possono esistere colori infiniti? Da bambino quell’unico colore non mi spingeva alla malinconia, ma mi faceva pensare al Paradiso e agli Angeli, con la musica di armonie irripetibili”.

Autunno di rinascita

Perchè l’autunno dopo l’inverno e non la primavera?
Perchè uno dei passi che trovo tra i più commoventi è tratto dalla poesia scritta per Laurana, nata il 2 novembre, e che recita: “Tu nata d’autunno a fare primavera”.
In primis perché l’amore e la dolcezza che traspaiono da questa semplice frase credo siano incommensurabili.
Poi perché incontra la sensazione che anche io ho sempre provato che l’autunno non sia una stagione verso “la fine”, ma che sia il momento in cui la natura ci rivela i suoi colori più vivaci, più fiammeggianti, tutte le tonalità di verde possibili, e in cui la natura dà il massimo prima di addormentarsi temporaneamente.

La notte

Altro elemento magico e magnetico per Davide, in cui mi riconosco appieno.
La luna, in particolare, signora del Cielo, che per Davide è più bella persino della più bella donna del mondo.
Lo guarda e gli parla, mentre le masche si muovono nei boschi, spiriti che vengono a parlare con i vivi.
Questo quadro ha quasi un che di esoterico, e in effetti racchiude una poesia, tipica solo della magia, e della capacità di introspezione delle grandi menti, e dei grandi cuori.

L’estate

All’estate viene infine dedicata l’ultima e più estesa sezione del progetto.
Siamo ormai arrivati alla Luce, alla canicola, al caldo, alle sensazioni più forti che emergono dai racconti di Davide Lajolo.
E’ la stagione del grano biondo.
E’ la stagione in cui Davide torna sulle sue colline, che hanno ispirato tanto dei suoi scritti e della sua persona, gli ideali per cui ha combattuto, le persone per cui ha vissuto.

Lascio una sua ultima citazione, che meglio di qualunque ulteriore parola, può esprimere quanto ho provato a raccontare.

“Vinchio è stato il mio nido. Le radici mio padre e mia madre devono avermele piantate ben profonde in questa terra collinosa se non è passato giorno nel corso della mia vita in cui la mente non sia ritornata al pesco sul bricco di S. Michele, ai prati delle Settefiglie, ai boschi della Sarmassa, ai filari conchigliosi di Montedelmare.(…)

Radici profonde, ancestrali, maliarde, persino morbose.(…) Come se potessi respirare libero solo tra quella polvere, in quell’aria di piante amiche, nella linea diritta seguendo i filari delle vigne, esattamente come soltanto in questi posti potessi spaziare con la fantasia da un colle all’altro, e alzarmi in volo. Non è più stato così in nessun altro luogo del mondo: non nel cielo di Parigi né in quello di Atene, non a Pechino né a Samarcanda, non a Marrakesch né a Beirut, mai più.”