27/04/2022
L’ignoranza della storia: morte di una disciplina formativa
Un’interessante conversazione con studenti del Liceo scientifico di Asti sui valori della Resistenza e in particolare sulla scelta dei giovani partigiani si è necessariamente attualizzata sui temi della guerra in Ucraina e degli obiettivi della pace
Gli studenti hanno notato come oggi la cultura della guerra abbia la voce più forte di quella della pace, che è subissata dalle contumelie dei sostenitori della soluzione di forza spostando l’obiettivo dall’indipendenza dell’Ucraina all’indebolimento del potere di Putin.
Ho posto quindi ai ragazzi la questione che ora tocca a loro fare la scelta, così come o spontaneamente o ideologicamente avevano fatto i loro bisnonni nel 1943. E da parte loro c’è stato un momento di sospensione, come se non avessero mai pensato alla responsabilità collettiva del loro futuro.
Durante il dialogo sono emersi anche quesiti storici non contestualizzati, secondo parallelismi che oggi usano molto i giornalisti, ma anche analisti e storici, con un’approssimazione che per una vecchia professoressa di storia e filosofia sono davvero irritanti. Il contesto storico viene ridotto a un isolato personaggio artefice di tutti gli accadimenti, perdendo la complessità delle vicende storiche nelle loro cause e conseguenze. Si pesca nella storia per trovare esempi confacenti a sostenere le posizioni del momento, non per conoscere antefatti degli avvenimenti di oggi.
Alcuni storici, alcuni anni fa, hanno riflettuto sull’uso pubblico (cioè politico di parte) della storia, ma ora si cavalca l’ignoranza dei processi storici in nome della divulgazione, cioè della semplificazione verbale e per immagini. Anche le personalità che hanno la responsabilità di gestire il potere per conto dei cittadini fanno paragoni storici “facili”, ma sbagliati, per sostenere le decisioni, volutamente nascondendo, dietro a valori imprescindibili, interessi economici evidenti, altrettanto “imprescindibili” nel sistema geopolitico mondiale.
Nella scuola la storia è diventata una materia del tutto secondaria, senza valore formativo e conoscitivo, con un orario ridotto anche alle superiori. Questa è una scelta di politica culturale e educativa che fa vivere i giovani nell’eterno presente dell’individualismo globalizzato, senza dare loro gli strumenti per costruire una visione processuale del tempo.
Eppure mai come in un periodo di grande incertezza e di profondi cambiamenti su scala mondiale la consapevolezza del ragionamento storico potrebbe essere utile per decifrare il presente e consentire di “scegliere”.
Nella guerra odierna esiste, accanto al bombardamento militare, quello mediatico, che risulta enfatico e pietistico con condanne nette, impedendo di fatto di comprendere l’evoluzione degli eventi, che diventano illeggibili in chiave storica, limitandosi alla deplorazione morale.
La storia non è mai stata “maestra di vita”, nel senso di insegnare a non ripetere gli errori del passato, ma è uno strumento conoscitivo indispensabile per comprendere ciò che si sta vivendo e rintracciare l’articolata trama interpretativa dei processi in atto, tanto più se questi sono complessi e magmatici. La metodologia storica di conoscenza aiuta a “scegliere” non solo da che parte stare, ma ad agire per il fine della coesistenza pacifica tra sistemi e interessi diversi.