18/02/2011
Usare la crisi per giudicare
Pubblicato su "La Stampa"
Tutti sono concordi che c’è crisi nell’industria, nel commercio e anche nell’agricoltura e che a pagarla per primi saranno i precari. Ma le certezze finiscono qui, perchè nessuno ha certezza di cosa fare salvo predicare di “far ripartire i consumi”, cioè di fronte a una recessione di sistema con carattere globale l’unica proposta è di ritornare a meccanismi logorati. Da vecchia professoressa di filosofia ho ripensato ai greci che facevano derivare il termine “crisi” dal verbo giudicare. Cosa vuol dire? Che nelle fasi di difficoltà che attraversano singole vite o un intero paese o il mondo, come in questo caso, si deve riflettere per scegliere e mettere in atto una strategia di cambiamento capace di affrontare la crisi con mezzi adeguati e non per sostenere le vecchie condizioni rivelatisi negative. Sarebbe auspicabile uscire da questa crisi con nuovi stili di vita, con una nuova mentalità, con una ridefinizione dei significati e dei contenuti del benessere, invece che ripetere le distorsioni consumistiche. Perché non ricalibrare gli orientamenti di sviluppo in settori prima trascurati (ad esempio ambiente, energie alternative, servizi alla persona, istruzione e formazione, produzione agricola). Discorsi difficili, mi rendo conto, in una provincia senza progetti, che sta diventando nuovamente povera.
(13 dicembre 2008)