01/08/2012
Ricordo di Davide Lajolo - Di Franco Vaccaneo
Un caldo ricordo di Davide Lajolo dalla penna di Franco Vaccaneo (Fondazione Cesare Pavese)
Conobbi Davide Lajolo, il mitico “Ulisse”, da studente liceale, quando nelle lunghe estati di vacanza, dopo avergli telefonato, raggiunsi Vinchio in autostop. Benché fossi giovanissimo, mi accolse molto cordialmente, e senza troppi fronzoli mi aprì il cancello della sua grande casa, un’angolo di campagna nel centro del piccolo paese, alla cima di una breve salita. Incoraggiato da un’accoglienza così amichevole, da allora le mie visite divennero sempre più frequenti. Ci sedevamo sotto il fico, in compagnia dei suoi due cani, e lui,
sollecitato dalle mie domande, mi raccontava dell’ amicizia con Pavese e con molti altri nomi altisonanti della cultura e della politica. Per un giovane di provincia, sentire parlare di Sartre, Montale, Pasolini e così via, era come approdare su un altro pianeta. Con la sua voce baritonale faceva rivivere passaggi cruciali della cultura italiana del secondo Novecento nei loro intrecci con la politica e,ovviamente, mi appassionavo ai suoi racconti che una studiata gesticolazione rendeva ancora più affascinanti.
Quando, qualche anno dopo a metà degli anni settanta, nacque a S.Stefano Belbo l’idea del Centro Studi Cesare Pavese, lo chiamai rispose prontamente. Erano anni in cui la provincia piemontese viveva un profondo letargo ma alcuni pubblici amministratori, con l’aiuto di qualche studente universitario, sentivano forte l’esigenza di creare una struttura che diventasse un punto di riferimento per l’opera pavesiana e che rompesse in qualche modo l’isolamento in cui ci trovavamo. Lajolo partecipò a diverse riunioni e fu tra i
primi personaggi della cultura italiana che ci appoggiò incondizionatamente.
Ci opponemmo anche, come potevamo, all’infausto abbattimento del vecchio municipio, dove si tenevano le nostre riunioni, un pregevole edificio seicentesco a forma di ferro di cavallo, proponendo di sistemarvi i locali del costituendo Centro Studi con annessa biblioteca. Ma erano anni in cui la cultura del restauro faticava ad imporsi e così la nostra si rivelò una vana opposizione alla stregua della battaglia di Don Chisciotte contro i mulini a vento.
Quando nel 1975, a 25 anni dalla morte di Pavese, organizzai nella piazza di S.Stefano, proprio a fianco dell’Albergo dell’Angelo una riduzione teatrale da “La luna e i falò” con la compagnia genovese di Sandro Bobbio, Ulisse venne a introdurre lo spettacolo e ne scrisse poi ampiamente sul settimanale “Giorni-Vie nuove” da lui diretto. Non mancò mai alle successive,prime iniziative del neonato Centro Studi, dalla mostra bio-bibliografica del 1977, ai convegni tra cui quello del trentennale “Il mestiere di scrivere. Cesare Pavese trent’anni dopo”, insieme a Norberto Bobbio, Massimo Mila, Bona Alterocca e tanti altri amici e studiosi pavesiani.
Credo sia giusto e doveroso, a cent’anni dalla nascita e oltre le polemiche che sono venute dopo, ricordare anche questo aspetto della personalità di Davide Lajolo: l’affettuosa vicinanza e l’autorevole sostegno a uno sparuto gruppo di giovani che, nel paese di Cesare Pavese, cercavano tra innumerevoli difficoltà e incomprensioni, di costruire un progetto che guardava lontano.
Franco Vaccaneo
(Fondazione Cesare Pavese)