02/12/2002
Abstract dalla sezione Inediti della rivista Sincronie
Numero VI, 12, 2002
Sincronie
Rivista semestrale i letteratura, teatro, sistemi di pensiero
Diretta da Andrea Gareffi, Università di Roma “Tor Vergata”
Editore Vecchierelli, piazza dell’Olmo 27, 00066 Manziana (Roma), tel. 06.99674220, vecchiarellieditore@inwind.it
?Numero VI, 12, 2002
Abstract della Sezione INEDITI
Il vizio assurdo. Carteggio inedito Fabbri-Lajolo, a cura di Fabio Pierangeli
Su alcuni inediti a trent’anni dalle prime stesure di Fabio Pierangeli, p. 11- 14
La collaborazione “conciliare”tra Diego Fabbri e Davide Lajolo di Laurana Lajolo p. 15-35
Carteggio p. 37-46
Su alcuni inediti a trent’anni dalle prime stesure di Fabio Pierangeli, p. 11- 14 (abstract)
La presentazione di Fabio Pierangeli, (facoltà di Lettere e Filosofia, Università di Roma “Tor Vergata”), alla sezione INEDITI ricostruisce il lavoro di ricerca del carteggio intercorso tra Diego Fabbri e Davide Lajolo, fatti incontrare da Giancarlo Vigorelli, in occasione della stesura del testo teatrale Il vizio assurdo, 1972. La ricerca è stata condotta presso gli archivi dei due scrittori. Pierangeli narra, infatti, il suo incontro con Laurana Lajolo e Nanni Fabbri, proprietari di alcune lettere, che compongono il carteggio ora pubblicato.
La collaborazione a distanza dell’Associazione culturale Davide Lajolo e del Centro Diego Fabbri di studi, ricerche e formazione sul teatro e i linguaggi dello spettacolo, presieduta da Ezio Raimondi e diretta da Giovanni Tassani, ha consentito di rintracciare fonti inedite di grande interesse.
Lo studioso romano sta conducendo da tempo l’approfondimento dello studio di Pavese e di Lajolo e si sta occupando in specifico dell’analisi del testo teatrale, di cui sono autori Fabbri e Lajolo appunto.
Pierangeli, oltre alle lettere, ha rintracciato nei due archivi anche le stesure originali dei singoli autori e i diversi rifacimenti, di cui dà notizia appunto nella presentazione.
La collaborazione “conciliare”tra Diego Fabbri e Davide Lajolo di Laurana Lajolo p. 15-35 (abstract)
Laurana Lajolo mette in rilievo la singolarità della collaborazione tra uno scrittore cattolico come Diego Fabbri e il biografo comunista di Pavese, Davide Lajolo, una collaborazione non del tutto facile all’inizio, poi accettata da Lajolo, che riconobbe la competenza stilistica di Fabbri nello scrivere di teatro, lasciandogli anche una certa libertà di interpretazione. D’altra parte entrambi gli scrittori erano animati dalla volontà di dialogo e di superare quelle barriere ideologiche e culturali, create dalla guerra fredda, con punte di certo clericalismo conservatore e di dogmatismo marxista.
Laurana Lajolo quindi ricostruisce il processo di ricerca e di studio che portò il padre a scrivere la fortunata biografia di Cesare Pavese, mettendo in rilievo l’intento principale dell’autore di delineare la vita e le opere dello scrittore torinese, andando oltre lo spietato diario autobiografico Il mestiere di vivere.
Davide Lajolo fece emergere, in particolare, il ruolo avuto da alcune personalità nella formazione e nell’ispirazione letteraria di Pavese, da Augusto Monti, professore al Liceo classico D’Azeglio di Torino, a Pinolo Scaglione, il Nuto de La luna e i falò, e affrontò il nodo doloroso dell’amore per le donne, insieme al fascino insostituibile delle Langhe.
L’autrice racconta anche come il padre rintracciò nella casa di Pavese nel 1960 (dieci anni dopo il suicidio dello scrittore) i molti inediti pubblicati nella sua biografia e la sua tenace volontà di riscattare l’immagine dell’amico dalla visione pessimistica che aleggiava in quel periodo.
Nel saggio vengono anche riportate le lettere dell’editore Giulio Einaudi a Lajolo del 1959 e del 1960, (conservate nell’Archivio Lajolo), che rifiuto di pubblicare la biografia, proponendo semmai una collaborazione per l’edizione in via di elaborazione dell’Epistolario di Pavese, che però non si concretizzò, amareggiando molto Davide Lajolo.
Utilizzando la prima stesura del testo teatrale de Il vizio assurdo, proposta da Davide Lajolo, Laurana analizza l’impostazione con andamento cronologico e con il rilievo di alcuni personaggi, quali la donna dalla voce rauca, Monti, Nuto, sostenuti da ampi riferimenti ai romanzi pavesiani.
Tale impostazione fu modificata dal lavoro di Diego Fabbri, che discusse le sue scelte drammaturgiche con Lajolo, come attestano le lettere, fino a modificare la centralità dell’azione, puntando essenzialmente sul tema del suicidio e creando il personaggio d’invenzione Alaimo (sintesi tra lo stesso Lajolo e Monti).
La collaborazione venne così a far confluire il grande mestiere di Fabbri con la profonda conoscenza pavesiana di Lajolo, ma la messa in scena finale risentì anche degli interventi non marginali di Giancarlo Sbragia, regista dello spettacolo, e di Luigi Vannucchi, attore protagonista.
Durante la stesura del dramma il confronto tra Lajolo e Fabbri si focalizzò su alcuni nodi interpretativi, quali il mito, il suicidio, la politica, il ruolo delle donne. Un punto cruciale di confronto fu quello del mito e della religiosità in Pavese, che Fabbri rese come inquietudine spirituale dello scrittore in chiave dostoevskiana.
Alla prima stesura di Lajolo Fabbri obiettò che la presenza delle donne era eccessiva se non ossessiva e la riduzione dei ruoli femminili servì al drammaturgo per ridurre l’incidenza degli amori falliti a favore di altre componenti psicologiche del protagonista, esaltando la disperazione esistenziale e l’angoscia del suicidio. Il suicidio, elemento delicato della personalità di Pavese, assunse, infatti, una centralità nel testo teatrale che non c’era ne Il vizio assurdo di Lajolo, nonostante fosse stato proprio Lajolo a rintracciare le carte giovanili, in cui lo scrittore era già affascinato dall’atto estremo.
Anche riguardo alla politica lo scambio tra Fabbri e Lajolo fu vivace e connotato da inevitabili contrasti per i diversi punti di partenza. Fabbri ebbe, ad un certo punto, l’impressione che Lajolo avesse delle reticenze e delle preoccupazioni di possibili reazioni dal Pci, cosa abbastanza strana conoscendo la schiettezza dei giudizi politici di Lajolo, espressi, oltre che nella biografia, in più occasioni pubbliche. L’intento esplicito di Lajolo era semmai quello di difendere la sua interpretazione dell’impegno politico di Pavese come fondamentale investimento umano e culturale e su questo punto ebbe, infine, l’adesione anche di Fabbri.
Il saggio di Laurana Lajolo si chiude, dando conto delle critiche teatrali e delle reazioni spesso irritate di qualche collega di Pavese nella casa editrice Einaudi, come Natalia Ginzburg e della diatriba con il Teatro Stabile di Torino, allora diretto da Aldo Trionfo, che rifiutò la prima nazionale dello spettacolo degli “Associati”, compagnia teatrale consolidata con ottimi attori come Valentina Fortunato, Sergio Fantoni, Ivo Garrani, Renzo Giovampietro, Giancarlo Sbragia, Luigi Vannucchi, il manager era Fulvio Fo.
La rappresentazione teatrale del 1974 Il vizio assurdo ebbe grande successo e fu anche registrata per la Tv.
I testi di riferimento sono D. Lajolo "Il vizio assurdo”. Storia di Cesare Pavese, Milano, Il Saggiatore, 1960, poi ripubblicato in Pavese, Milano, Rizzoli, 1984; D: Lajolo e D. Fabbri Il vizio assurdo, Roma, Edizione Gli Associati, 1974.
Carteggio p. 37-46
Sono pubblicate in ordine cronologico le seguenti lettere:
Davide Lajolo a Diego Fabbri, 17 marzo 1972; 4 maggio 1972; 12 luglio 1972; 17 agosto 1972; 3 settembre 1972; senza data.
Diego Fabbri a Davide Lajolo, 5 luglio 1972; 9 agosto 1972; 10 agosto 1972; 13 agosto 1972.