29/05/2023
Il giuramento dei giovani partigiani di Vinchio
Brano tratto da “A conquistare la rossa primavera” (P.64-66)
A mezzanotte dovevamo trovarci tutti sullo spiazzo del castello da tempo diroccato.
Ed al tocco della mezzanotte eccoci radunati sull’erba.
È una notte senza luna. Ma bastano le stelle a farci riconoscere l’un l’altro.
Siamo diciannove. Anche troppi per la prima adunata.
Parlo loro piano semplicemente.
Mi ascoltano silenziosi, si fanno più vicini
- Anzitutto bisogna che tra di noi esista una fiducia reciproca, che ci vogliamo bene, che siamo veramente tutti d’accordo. Io non sono il capitano. Io sono uno di voi, un amico che vi può guidare. Il passo che stiao per fare è duro. Noi ci apprestiamo senza armi a ribellarci ad un nemico che ne ha in abbondanza. La guerra può ancora essere lunga, può avere ancora alterne vicende. Giochiamo la pelle, non solo nostra, ma mettiamo a repentaglio le nostre case, le nostre famiglie, i nostri paesi. Tutti voi pensateci un istante. Una volta presa la decisione bisogna andare fino in fondo. Chi diventa partigiano non può mollare, non ci sono più né licenze né congedi, si lotta fino alla liberazione del nostro paese.
Un momento di silenzio. Sullo spiazzo erboso le stesso trovavano diciannove ragazzi che giocavano una grossa partita.
I loro volti erano seri e quadrati. Ognuno ragionava dentro di sé. Mi guardavano.
Allora dissi: - Chi è deciso a fare da domani il partigiano si alzi.
Fu uno scatto solo. Si alzarono tutti con me.
Ritornò il silenzio. Sotto, le case avevano tutti i lumi spenti, era l’ora profonda del sonno; le mamme, i papà, i bambini riposavano nel chiaro silenzio notturno.
Poi nel cielo un rombo cupo di motore. Era la guerra. Gli aeroplani angloamericani si dirigevano su Torino.
- Chi ha delle armi?
A conti fatti vennero fuori sette moschetti, cinque pistole: gli altri si sarebbero armati, per il momento, con fucili da caccia.
Che notte serena era quella.
Avevo ritrovato la via per riacquistare fiducia in me steso: per la prima volta i soldati che venivano con me non erano stati chiamati da cartolina precetto, non andavano malvolentieri a combattere contro chi non conoscevano, ma sentivano, anzi, essi stessi i motivi che li spingevano a battersi.
Davide Lajolo capitano dell’esercito italiano e ora comandante garibaldino Ulisse
Brano tratto da “A conquistare la rossa primavera” (P.64-66)
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