Associazione Davide Lajolo Odv

Saggi

13/06/2023

L'assalto ai boschi del Monferrato: Lettera aperta a Giorgio Bassani

di Davide Lajolo, dall'archivio de "La Stampa" 1 settembre 1974.

L'assalto ai boschi del Monferrato: Lettera aperta a Giorgio Bassani

Caro Bassani,
mi permetto questa lettera aperta su La Stampa sulle cui pagine ho potuto conoscere in anteprima alcune Parti del tuo Epitaffio; certo mi piacerebbe di più parlarti della tua poesia che con una coerenza tutta tua si è venuta irrobustendo negli anni fino a questo ultimo libro che, contrariamente ad altri, io ho apprezzato forse proprio per le ragioni opposte avanzate dai detrattori: ma devo invece parlarti del verde che se ne va anche dai « paesi miei ». Perché anche qui è in atto una speculazione edilizia con relativa distruzione del paesaggio e naturalmente anche la liquidazione degli ultimi boschi di castani e gaggie sotto l'inganno di voler aiutare una zona contadina che va verso lo spopolamento e la morte. Una lettera aperta al Presidente di «Italia Nostra».
Si tratta della Val Sermassa, che tocca più profondamente due centri tipici del barbera; Vinchio e Vaglio Serra e in misura diversa Cortiglione e Incisa Scapaccino e in più una propaggine, già più di sfruttamento che di utilizzazione, che è Nizza Monferrato.
A questi paesi io sono legato visceralmente, non solo perché qui sono nato e qui torno da sempre per le ferie d'agosto fedele anche in questo a Pavese e Fenoglio, perché sappiamo bene tutti e due che il discorso delle radici è molto complesso quando non sia fatto soltanto di nostalgia e di retorica, ma perché in questi paesi, tra queste quattro case ho imparato a conoscere gli uomini e il mondo «grande e terribile» come lo indicava Gramsci ai suoi figli in quel libro di in finita umanità che è Lettere dal carcere.
E proprio in questi boschi, che ora si vorrebbero sostituire con il cemento, ho imparato la meditazione, magari mentre i miei compaesani più fortunati trovavano funghi e tartufi. Appena si è parlato di centro turistico in questa zona, ho subito drizzato le orecchie e mi sono messo in ferma come i cani da caccia quando sentono rumori e odori sospetti. Aveva preso residenza a Vaglio Serra presso il sindaco e il parroco un Italo-americano che si presentava come il portatore di una porzione di paradiso terrestre nella zona. Comprava terreni senza anticipare una lira, per conto di una fantomatica società americana, aveva capelli rossi ed era svelto di lingua e prodigo di promesse.
Il suo piano, dato che parlava americano, era mastodontico: costruire un villaggio turistico per seicentomila persone, un albergo con centinaia e centinaia di camere, il personale in livrea che conoscesse tutte le lingue e in più maneggi per cavalli, piscine, attrazioni spettacolari.
I boschi di castagne e gaggie dovevano essere divelti e sostituiti con pini e non so quali altre piante, con promessa, e questa era la cosa più falsa, di offrire lavoro a sei-settecento contadini di Vinchio e di Vaglio. Il villaggio sarebbe servito a dare ospitalità a turisti americani che egli si Impegnava a far giungere attraverso quella sua fantomatica società.
Poiché mi trovavo a Vinchio e molti contadini che non avevano più la forza braccio per accudire ai loro terreni erano attirati a vendere quelli meno redditizi e mi chiedevano un parere, ho voluto ascoltare di persona l’italo-americano. Mi sono subito convinto che erano tutte fole quelle che contava e glielo dissi con tutta franchezza. Ci vedevo sotto soltanto un fatto di speculazione e di inganno dei contadini e dissi le mie impressioni al sindaco di Vinchio perché le riferisse, come fece, al suo collega di Vaglio e perché mettesse in guardia i contadini sul fatto che dall’iniziativa non sarebbe derivata certo la salvezza dei vigneti e dell’economia dei nostri paesi e tanto meno ne sarebbero derivate fonti sicure di lavoro. In più i loro terreni venivano pagati come terreni agricoli e i compratori li avrebbero trasformati in aree fabbricabili con grandi guadagni.
 

Una consulta

Il sindaco di Vinchio propose allora una consulta tra tutti i paesi interessati per vedere utilità e pericoli, ma la cosa non ebbe seguito. Il comune di Vinchio mise in guardia, allora, ufficialmente, quello di Vaglio dall’attuare qualsiasi iniziativa senza una consultazione approfondita.
Nel frattempo l’italo-americano, che aveva comprato senza un soldo di caparra una buona parte dei terreni (quasi duecento e già ettari), sparì via senza bisogno di elicotteri, dopo aver venduto, per un buon gruzzolo di milioni le opzioni sui terreni che era riuscito ad avere dai contadini, mercé  l'incondizionato appoggio e l'attiva propaganda, dio solo sa se in buona o cattiva fede, del parroco e del sindaco. A proposito di buona o mala fede, il vescovo di Asti, che è certo più vicino a Dio di me, pare abbia sentito il bisogno di chiamare il parroco di Vaglio ad occuparsi più di anime che di turismo (anche nelle prediche in chiesa), ma da un'intervista che ho letto su La Stampa giorni fa e anche da una corrispondenza della Gazzetta del Popolo, il parroco e il sindaco continuano imperterriti ad operare a favore dei «nuovi salvatori».
Oggi i nuovi proprietari sono due Industriali di Acqui, i quali, più seri e senza aureola americana, ma soltanto con quella dello scudo crociato, hanno cominciato a dare anticipi a quel contadini che non hanno disdetto l'opzione nonostante fosse cambiato tutto il program-ma e hanno trovato in un architetto di Asti, che ha molte possibilità di farsi ascoltare alla Regione, il banditore e il progettista per un piano di sfruttamento edilizio più scoperto, con la costruzione di vincite per chi volesse dalla città venire a godere il fresco.
Ad aiutare la « baracca », leggo sulla Gazzetta del Popolo, si è messo ultimamente anche il sindaco social-democratico di Castelnuovo Belbo, come presidente di un fantomatico Hinterland di Comuni (quali?), il quale, stando a quanto dice l'architetto si sarebbe battuto perché l'iniziativa fosse accessibile a tutte le classi sociali, forse affiancando alle villette, ai laghetti per la per la pesca sportiva, alla piscina, al campi da tennis e al maneggio con pista per le corse dei cavalli, anche il gioco delle bocce e forse quello della "cirimella" a che ai tempi del Saraceni era molto praticato da queste parti.
 

Tutto fatto?

L'architetto progettista e propagandista, col Parroco e col sindaco di Vaglio, va affermando che il piano e quasi in cantiere. Cosa vuol dire? Che la Regione, l'amministrazione provinciale, in barba a tutto quanto sta avvenendo in ogni parte d'Italia, sono pronte a calpestare ogni remora ecologica e a concedere il via per distruggere quest'ultima parte di verde e di boschi anche nel Monferrato? Che con tutti gli scandali che gli piovono in festa certi politici affaristi democristiani e altri compartecipanti sperano di consumare nel silenzio quest'ultima incetta di quattrini?
Non spendo neppure una parola, perché fin troppo ovvio, per dimostrare che non si risolvono i problemi dell'agricoltura della zona né lo spopolamento dei paesi con lo sfruttamento edilizio privato, anche se col trucco di definirlo "centro turistico".
Questo centro non darà lavoro a nessuno in zona, ma metterà in crisi anche quei piccoli negozi dei paesi che saranno sostituiti dai «dritti» già pronti a costruire il supermarket nuovo nel villaggio.
Danneggerà inoltre, mettendole sotto vincolo, tutte le terre confinanti.
Né parlo delle infrastrutture che costeranno certo più di tutto il resto nella ricerca dell'acqua, prima ancora che dell'acquedotto, perché quello della Val Tiglione la fa già mancare ai pochi abitanti un zona, dell'inceneritore, delle fognature e di tutto il resto.
Ci sono molti sindaci caldi dell'iniziativa (anche quello di Nizza), ora nessuno vieta loro di entrare con soldi nella società di sfruttamento, ma non debbono certo mettere bocca come amministra-tori, perché le due cose stridono anche di fronte alla legge.
Non vorrei che l'unico utile alle popolazioni locali fosse quello di far pagare loro anche le infrastrutture, nonostante che la legge lo vieti tassativamente.
Caro Bassani, «Italia Nostra» deve occuparsi con urgenza della questione. Se ne deve essere già occupata la sezione di Alba, ma questi distruttori del patrimonio della salute pubblica, attenti solo ai loro profitti, sperano sempre di passare con la sicurezza dell'Immunità.
Stavolta non devono passare, proprio perché la Regione, la Provincia, i Comuni, oltreché lo Stato, debbono affrontare il problema divenuto drammatico di questi contadini e di queste terre non con dei palliativi truffa ma con provvedimenti adeguati, seri e pronti e che vedano nell'interesse della collettività.

Davide Lajolo

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