30/06/2012
Castello di Costigliole ore 18
30 giugno - Inaugurazione Mostra "Poesia come Arte"
Artisti interpretano le poesie di Davide Lajolo: clicca su "dettagli" per vedere il comunicato Stampa e il commento alla mostra di Laurana Lajolo.
IN COLLABORAZIONE CON IL COMUNE DI COSTIGLIOLE E IL PARCO CULTURALE PIEMONTE PAESAGGIO UMANO
Inaugurazione 30 giugno, ore 18
Nell'ambito del ricco calendario di appuntamenti del programma Davide Lajolo 100 anni nel centenario della nascita dello scrittore, s'inaugura il 30 giugno 2012 alle ore 18 nelle sale del castello di Costigliole d’Asti la mostra “Poesia come arte".
Nella mostra una trentina di artisti presenteranno dipinti e sculture liberamente ispirati alle poesie di Davide Lajolo tratte dal volume Quadrati di fatica – Poesie (1936-1984) volume, edito postumo nel 2004, che è corredato da tavole grafiche di Eugenio Guglielminetti.
L'evento è organizzato da Claudio Cerrato, la presentazione del catalogo è di Clizia Orlando.
Partecipano alla mostra antologica gli artisti: Nino Aimone, Mirko Andreoli, Guido Annunziata, Ermanno Barovero, Paolo Bernardi, Massimo Bertolini, Giovanni Buoso, Francesco Casorati, Stefano Ciaponi, Silvio Ciuccetti, Mauro Chessa, Colombotto Rosso, Mark Cooper, Giancarlo Ferraris, Elio Garis, Vincenzo Gatti, Rodolfo Graziani, Giulio Lucente, Mario Madiai, Mario
Mondino, Angela Sepe Novara, Cristiano Piccinelli, Sergio Ponchione, Francesco Preverino, Sergio Omedè, Paolo Quaglia, Alessandro Tofanelli, Sergio Unia, Gianni Verna, Durante l’inaugurazione della mostra l'attrice Athina Cenci leggerà i testi delle poesie che hanno ispirato gli artisti nella realizzazione delle rispettive opere.
La mostra sarà corredata dalla significativa testimonianza dell'impegno artistico profuso da artisti che sono vissuti o hanno a lungo operato a Costigliole: Clizia (Mario Giani), Heric Keller, Piero Nebiolo.
La mostra rimarrà aperta da giugno ad agosto.
A corredo della manifestazione si propongono week end di turismo culturale e naturalistico, organizzati dalla Coop. “La Pervinca” – agenzia viaggi “turismo e territorio”
info@welcomepiemonte.it, 339 5315104.
La passione per la poesia e l’arte
di Laurana Lajolo
Davide Lajolo, autore delle biografie di Pavese, Il vizio assurdo, e di Fenoglio, Un guerriero di Cromwell sulle colline delle Langhe, e di libri autobiografici, ha colto il senso della sua vita intensa, vissuta di corsa tra giornalismo e impegno politico, nel ripensamento della scrittura, ma soltanto nelle poesie, composte lungo l’arco di tutta la sua vita, ha espresso la sua parte interiore più malinconica e lirica.
Mentre era in guerra negli articoli ufficiali scriveva parole retoriche ed enfatiche, ma nelle poesie raccontava il dolore dell’uomo colpito e vittima della tragedia, sia commilitone che nemico.
Durante la guerra partigiana, nei momenti di pausa da attacchi e rastrellamenti, portava con sé nelle stalle, dove trovava riparo, libri di liriche. Ha scritto nel suo diario Ventiquattro anni: “Non è vero che la poesia ti conquista soltanto in certe occasioni. Non leggevo forse Ungaretti, Montale, Saba tra un rastrellamento e l’altro, durante gli inseguimenti e le ritirate della guerriglia, appena potevo sostare? Leggevo poesie al lume di candela, braccato dalla morte, e forse, proprio in quei momenti, le intendevo fino all’essenziale”.
Appuntava le sue poesie sui fogli a quadretti strappati da un quaderno di scuola, su carta recuperata chissà dove, e ne ha pubblicato alcune sui giornali partigiani, dedicandole ai compagni caduti.
Nel Il voltagabbana, in cui ha raccontato la sua vicenda personale del passaggio dal fascismo alla Resistenza, che è stata la storia della sua generazione, ha inserito nella narrazione in prosa alcuni versi, che evocavano i suoi sentimenti più intimi.
E ha dato il titolo Poesia come pane al libro, in cui ha ritratto i molti poeti che ha conosciuto. Per lui la poesia era alimento spirituale: “E ho amato sempre la poesia. Ho scritto poesia. La poesia per me è come il pane, l’arcano di ciò che è essenziale per vivere”.
Nella sua ricca biblioteca ha dato ai libri di poesia il posto privilegiato vicino alla sua scrivania e ha portato sempre con sé, nei suoi molti spostamenti, i versi di Ungaretti, di Lorca, di Montale, di Zanzotto, di Brecht, di Hikmet, di Neruda, di Pasolini e di molti altri.
Apportava correzioni anche a distanza di tempo alle poesie, scritte all’impronta nei momenti di pausa delle guerre fasciste, delle azioni partigiane, tra un articolo e l’altro a “l’Unità” di Milano, tra un libro e l’altro, rievocando il ritmo e il suono dei poeti più amati e nell’ultimo periodo le ha riordinate, quasi fossero l’autobiografia più sincera e rivelatrice dei suoi sentimenti. La raccolta, rimaste inedita, è stata pubblicata nel 2004, a vent’anni dalla sua morte, con il titolo Quadrati di fatica tratto da un poesia dedicata al padre contadino.
Io ho un ricordo particolarmente intenso della mia infanzia legato alla poesia. Dopo due anni di separazione per motivi di lavoro, al momento del ricongiungimento della famiglia a Milano, mio padre per qualche tempo mi ha letto i suoi poeti preferiti ad alta voce. Io avevo sette anni e lui ha scelto di rinsaldare così il nostro legame affettivo. Dopo pranzo, mi faceva sedere sul divano, prendeva un libro di poesia di Gozzano, di Montale, di Ungaretti, di Quasimodo e mi leggeva quei versi. A volte con la sua voce calda e profonda interpretava i versi di Federico Garcia Lorca in spagnolo. Io non capivo tutto, ma rimanevo affascinata dal suono della sua voce e dalla musica di quelle parole. In quei momenti mio padre era tutto mio.
L’idea di proporre la mostra Poesia come arte nell’ambito del programma Davide Lajolo 100 anni. Centenario della nascita 1912-2012 , in cui si possano coniugare le poesie di Lajolo con le opere d’arte, proviene dalla volontà di ricordare quanto Lajolo amasse la pittura e la scultura.
Lo scrittore ha sintetizzato così nel diario Ventiquattro anni il suo rapporto con gli amici pittori e scultori: “Gli artisti sono persone che mi attraggono. Le virtù e i difetti si disperdono nell’incanto che sanno creare. E’ difficile spiegare quello che senti davanti a un dipinto o a una scultura. La fantasia dell’artista investe la tua, la scuote, la fa vibrare. Diventi artista a tua volta”.
Agli amici artisti ha dedicato il suo ultimo libro Gli uomini dell’arcobaleno, in cui ha raccontato l’umanità dei pittori che ha incontrato, così come ha fatto nelle molte presentazioni di mostre e cataloghi, andando al di là della critica d’arte per impegnarsi in un dialogo tra parole e colori, in cui arte e poesia si intersecavano nelle emozioni dei sentimenti e nella ricerca delle radici originarie dell’artista.
I colori sono, infatti, il filo conduttore dei racconti I mè e Il merlo di campagna e il merlo di città, in cui ha descritto la “sua”campagna di Vinchio nel Monferrato, quasi che lo scrittore volesse trasformare simbolicamente, come i suoi amici pittori, le vigne pettinate in quadri, gli alberi secolari e boschi ombrosi in sculture, i volti segnati dei contadini in schizzi al carboncino.
Ecco i colori delle stagioni, vissute come intensa esperienza esistenziale fin da bambino: “Le colline monferrine d’inverno, sotto la neve e il gelo, prendono l’aria delle montagne. Le groppe coperte di neve, gli alberi bianchi di brina che sostituiscono le foglie, i filari imbacuccati di fiocca, coperte le strade e i sentieri, tutto appare come terra da esplorare”.
A primavera lo emozionavano i fiori: “Alla curva della strada, prima che inizi l’armoniosa sfilata dei filari con le viti che mostrano i primi grappoli verdi, ecco una grande pianta di sambuco. E’ tutta un fiore, bianca come un vestito da sposa a coprirle le foglie e il tronco”.
L’estate, la stagione da lui più amata, era piena di sole: “Il sole, quando illumina il verde della campagna, è diverso da quello che splende sul mare. Diverso nei riflessi: tra luci e ombre dipinge ogni cosa con la metafisica incantata di Morandi”.
La luna era la sua silente compagna, a cui raccontare i segreti: “La luna stanotte è più tenera della più bella donna del mondo. E’ tenera e soffusa di luce. Il cielo è limpido. Solo qualche cirro bianco di nubi soffici laggiù verso le montagne, che si alzano come ombre misteriose dalle mille teste”.
E infine la stagione della vendemmia: “L’autunno si adagia nei suoi celebri spossati. La campagna ha dato tutto. Gli alberi perdono le foglie al primo alitare del venti, sotto ai pioppi e ai gelsi si forma uno strato di foglie gialle con dentro mischiati tanti altri colori”.
Lajolo ha intrecciato, dunque, il dialogo tra la poesia e l’arte come sublime creatività dell’essenza
dell’uomo.