16/02/2011
La vigna di Viatosto
Pubblicato su "La Stampa"
Un altro pezzo di memoria della città è stato sradicato a causa della malattia delle viti, la flavescenza dorata. La vigna di Viatosto era un pezzo importante del paesaggio agrario, che una volta caratterizzava tutta la località, che ora è tutta costellata da ville, villini e villotte con giardino, senza più il segno della campagna.
Viatosto, una volta armoniosa cornice della città con la chiesetta dagli affreschi fascinosamente restaurati, ora è una propaggine della città, senza soluzione di continuità con i condomini, anche se rimane il percorso di una delle più belle passeggiate della città.
Viatosto non può essere considerata semplicemente “periferia” o inglobata semplicemente nel centro abitato, dovrebbe mantenere le caratteristiche ancora possibili di un tessuto storico della campagna e non perdersi nell’anonimato.
E’ un periodo di grande espansione edilizia della città (come sempre nella nostra storia nelle fasi di crisi occupazionale): si costruisce ovunque, spesso con le connotazioni del “villaggio artificiale” come in corso Casale, senza spazi comuni, ma solo strade di accesso per le automobili e rachitici giardini o viali interni ai caseggiati. Non ci sono negozi, non ci sono servizi, ci sono abitazioni a cui arrivare alla sera e guardare il mondo attraverso la televisione. Semmai viene costruito un grande centro commerciale, articolato in negozi per dare l’immagine fittizia della città degli acquisti. Difficile in queste condizioni sentirsi comunità.
Va detto, comunque che le nostre periferie sono più dilatate di una volta, quando la città si fermava in corso Alessandria a est e in corso Torino a ovest, ma non sono ancora quelle metropolitane, anonime e ostili. Possiamo ancora fare in tempo a difenderci dall’aridità di case e strade che ci sottraggono senza pietà il paesaggio, come succede anche nei fondovalle tra un paese e l’altro: un’infilata di capannoni disadorni, che hanno fagocitato prati e campi.