18/02/2011
Povertà diffusa
Pubblicato su "La Stampa"
Non è una novità che la nostra provincia è forse la più vecchia del mondo, infatti il 33% circa della popolazione della nostra provincia ha oltre sessanta anni e quindi “gode” di una pensione. Ma quali sono le cifre di quel “godimento”? L’Inps, secondo i dati pubblicati sull’ultimo numero della rivista “Culture”, paga 81.000 pensioni, di cui l’86% con importi inferiori al minimo vitale individuato in 1000 euro al mese, cioè pensioni da povertà diffusa.
Di fronte al continuo aumento dei prezzi dei beni di prima necessità e dei costi generali, i pensionati scivolano in una situazione di impoverimento tanto più grave se non sono autosufficienti. Le case di riposo hanno rette troppo alte per certe pensioni.
Anche gli anziani sono diventati precari, come i giovani in attesa di un’occupazione stabile.
Precariato è dunque la nuova parola chiave di questa società in cui la forbice tra i garantiti e non garantiti, tra i ricchi e i poveri è sempre più divaricata.
Ma i poveri “non esistono”, le loro condizioni non sono comunicate. Meglio offrire lo spettacolo del pettegolezzo politico e mondano che la cronaca della vita quotidiana. E non compaiono neppure gli operai, che non sono più considerati soggetti sociali, fino a che non accadono tragedie inimmaginabili in un paese civile come quella della Thyssen Krupp a Torino.