28/06/2025
Addio ai campi
La Stampa 28/06/2025
Il nostro territorio agricolo subisce una profonda trasformazione, iniziata anni fa, con evidenti ripercussioni economiche e sociali. Lo spopolamento e la perdita di servizi dei piccoli paesi di collina modificano la struttura sociale e antropologica della comunità, che non può essere compensata dal turismo enogastronomico e dalle seconde case di qualche straniero, mentre scompaiono le tracce dell’antica sapienza dell’interdipendenza tra uomo e natura. I cambiamenti climatici stanno modificando le colture e il vino è penalizzato anche da abitudini e gusti modificati. Questo trend è oggi accelerato dalla grave situazione internazionale dove le guerre sono diventate abituali rapporti tra Stati e dove i nazionalismi chiudono i confini non solo alle persone, ma anche alle merci attraverso i dazi. L’emergenza del vino invenduto nelle cantine fa prefigurare limitazioni a nuovi impianti con un’incidenza importante sulla produzione e sull’economia della zona, ma anche sul versante paesaggistico. Il calo demografico ha già influito sull’abbandono di terreni prima agricoli, ora diventati boschi (nel migliore de casi) o gerbidi o campi per fotovoltaico. E il processo in atto non sembra certo avere termine. Cosa vuol dire meno vigne e meno coltivazioni per il nostro paesaggio collinare, che non è “natura” come mare e montagna, ma frutto del lavoro umano? Quali ricadute negative possono avere queste trasformazioni strutturali anche sul riconoscimento UNESCO di patrimonio dell’Umanità, che è una leva essenziale per la valorizzazione dei prodotti tipici e per il turismo anche straniero?