28/03/2020
LA SCONVOLGENTE SCOPERTA DELLA POLITICA La responsabilità della libertà
di Laurana Lajolo - dal “Quaderno di storia contemporanea”, Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea in provincia di Alessandria, n. 67, 2020)
L’esistenza della “partigiana sempre” Marisa Ombra si è conclusa il 14/12/2019,
ma Marisa vive nel ricordo
e nell’esempio che lascia fino a che qualcuno/a voglia dare
un senso di libertà alla propria vita.
Marisa Ombra, nelle interviste e nei libri che ha scritto, non usa mai l’enfasi retorica, perché la scelta “sconvolgente” della Resistenza non l’ha vissuta come un atto di eroismo, ma come un dovere da compiere per conquistare la libertà per sé e per gli altri. E’ in particolare ai giovani che intende spiegare la sua esperienza di staffetta con uno sguardo originale e anticonvenzionale, parlando non di azioni militari, ma di sentimenti, di comportamenti, di significato del corpo, di modelli di vita, di trasformazione di storie individuali e collettive
La Resistenza in famiglia
La partecipazione alla Resistenza di Marisa Ombra comincia subito dopo l’8 settembre 1943, quando la sua casa nel quartiere operaio di Asti diventa un centro clandestino di stampa in cui vengono prodotti volantini contro la guerra e l’organo della federazione comunista provinciale, “Il Lavoro”. Marisa, che ha diciassette anni, compone la matrice su una vecchia macchina da scrivere Remington e la sorella Pini, di quindici anni, fa le copie al ciclostile. Il padre Celestino Ombra è comunista ed è stato uno degli organizzatori degli scioperi del 1943 nella fabbrica metalmeccanica della Way Assauto di Asti, dove lavora come collaudatore. Dopo aver organizzato anche lo sciopero del marzo 1944 viene arrestato. Per evitare la sua fucilazione un gruppo di partigiani operativi nelle Langhe, con l’aiuto del comunista Luigi Scioratto infiltrato nell’Ufficio Politico repubblichino, riescono a farlo evadere e lo conducono a Bossolasco, dove diventa commissario politico di una brigata Garibaldi con il nome di battaglia “Tino”. Anche Marisa, sua madre e sua sorella devono fuggire. Comincia per tutta la famiglia la guerra di resistenza e i rapporti tra loro diventano molto rari.
Nella sua “Memoria” Tino Ombra ricorda che dopo la sua evasione riesce a far avere sue notizie una sola volta attraverso una staffetta, che consegna materiali politici alla sua famiglia destinati a un comandante partigiano. Poi, quando nell’ottobre 1944 il commissario Tino viene mandato nel Monferrato per partecipare alla Giunta popolare di governo, può incontrare brevemente moglie e figlie nella Casa dei Salesiani di Canelli. Un mese dopo, nel corso di un incarico politico nella zona tra Cravanzana e Bosia, incontra casualmente Marisa, che ha appena compiuto una missione. “La sorpresa fu grande e gioiosa”, ricorda, “ma non lasciammo spazio alla commozione. Ci salutammo come due normali compagni d’armi”. Il rapporto con i famigliari è determinato, dunque, dal “comportamento politico-militare”, che prevale sugli affetti. L’altro incontro con la famiglia a Gorzegno mette in serio pericolo moglie e figlie per il sopraggiungere dei fascisti.
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