25/08/2022
Il Romanzo Grosso di Beppe Fenoglio
di Laurana Lajolo
Il romanzo grosso
Nel centenario della nascita di Beppe Fenoglio, scrittore molto apprezzato solo dopo la sua morte, c’è l’opportunità di rileggere i suoi romanzi resistenziali autobiografici nella nuova edizione integrale, Il libro di Johnny [1], curata dal critico letterario Gabriele Pedullà, che presenta l’intero ciclo narrativo nell’originaria sequenza cronologica, senza le scelte e le omissioni delle precedenti edizioni estrapolate dal complesso degli inediti lasciati dallo scrittore morto nel 1963.
Fenoglio pubblica in vita solo tre libri, I ventitre giorni della città di Alba[2], La malora[3], Primavera di bellezza[4], accettando le richieste degli editori di spezzettare il disegno complessivo del romanzo autobiografico, che va dal 1942 al 1945 con protagonista Johnny (come veniva chiamato Fenoglio dai compagni di liceo per la sua conoscenza dell’inglese).
I curatori, che, lungo il corso degli anni, hanno lavorato sugli inediti, non hanno considerato l’unitarietà del progetto letterario, scegliendo per le pubblicazioni postume[5] soltanto alcune parti del corposo materiale inedito. Nel 1968 Einaudi pubblica Il partigiano Johnny nell’edizione elaborata da Lorenzo Mondo, nel 1978 Maria Corti, che redige il riordino filologico del romanzo con il titolo Ur partigiano Johnny[6], inserisce molti inediti, in aperta critica con l’edizione di Mondo. Quindi nel 1992 lo stesso editore pubblica una terza stesura a cura di Dante Isella[7], che diventa l’edizione canonica anche per le traduzioni.
Pedullà, invece, propone integralmente il romanzo “grosso”, con il titolo Il libro di Johnny, inserendo parti non ancora pubblicate (circa 60 pagine di Primavera di bellezza dove il protagonista non muore). Tutto il racconto è continuativo secondo lo sviluppo del disegno cronologico pensato da Fenoglio, dal periodo del servizio militare alla conclusione della Resistenza, in cui si rivela il complesso gioco di variazioni, corrispondenze, simmetrie tra i diversi episodi, che modificano il significato di alcune parti delle precedenti stesure.
Il cammino di formazione
Il romanzo “grosso” è la storia dello scrittore e della sua generazione cresciuta sotto il fascismo, capace di ribellarsi per motivi morali alla Repubblica Sociale Italiana, prima ancora che politici. Gabriele Pedullà, nel suo illuminante saggio introduttivo[8], scrive che Fenoglio ha evitato le insidie della cronaca e del calco naturalistico dei fatti storici per imboccare la strada dellareinvenzione fantastica, dove si rimane tanto più fedeli al proprio vissuto quanto più si riesce a cogliere il sigillo di una vicenda esemplare e la biografia stessa si fa mito senza smettere di essere storia[9].
Il critico legge la scelta partigiana di Fenoglio anche come un confronto tra generazioni, prima di tutto con la madre, che vorrebbe che il figlio stesse nascosto fino alla fine della guerra, e con il padre che vorrebbe continuare a proteggerlo. La sua decisione, comune ad altri coetanei, non è, dunque, soltanto un atto di disubbidienza verso lo stato, ma anche la ribellione all’autorità familiare, perchè la guerra è un affare di giovani e un’occasione di crescita per i figli[10].
Il libro di Johnny è, dunque, un romanzo di formazione sul modello dei poemi omerici, in cui Alba è come Troia invasa dai nemici e la Resistenza è un cammino di prove da superare per diventare uomo. Johnny è un eroe che evolve, come Enea.
Nella prima parte del romanzo “grosso” comparela satira eroicomica del fascismo, resa dal titolo Primavera di bellezza in aperta antitesi con la retorica della “primavera fascista”. Il protagonista narra la sua ribellione al caos dell’8 settembre e lo smarrimento di dover abbandonare l’esercito e rintraccia la motivazione principale della scelta resistenziale nell’aspirazione di far rinascere l’Italia, dopo la ferita della guerra civile.
L’euforia della scelta partigiana è il punto cruciale dell’esistenza di Johnny-Fenoglio, che assume la dimensione letteraria di una storia passionale di libertà[11], indotta dalla tanto ammirata cultura anglosassone, espressa nell’uso dell’inglese nel tracciato narrativo.
Per indirizzare il suo cammino di “disobbedienza” al fascismo, che è anche il suo percorso verso la vita adulta, Johnny fa riferimento al messaggio etico-politico ricevuto negli anni del liceo dai due professori Pietro Chiodi e Leonardo Cocito, che diventano partigiani garibaldini.
Ai garibaldini Chiodi e Cocito, (quest’ultimo impiccato dai fascisti a Carignano il 7 settembre 1944) Johnny chiede la definizione di partigiano: E Chiodi disse con forza sospirosa: - Partigiano sarà chiunque combatterà i fascisti -. Cocito lampeggiò uno sguardo circolare su tutti quelli che avevano istantaneamente accettata la definizione di Chiodi. Poi disse: - Ognuno di voi è infallentemente partigiano, perché partigiano, come poeta è parola assoluta, rigettane ogni gradualità -.(…) La vita del partigiano è tutta e solo fatta di estremi. (…)
Ma Chiodi si eresse faticosamente sulla sua sedia: - Il professore intende dire che non si può essere partigiani senza un preciso sostrato ideologico. Cocito dice che la libertà in sé non gli pare una sufficiente struttura ideologica. In ultima istanza il professore vuol dire che non si sarà partigiani se non si sarà comunisti. Infatti – disse Cocito - diversamente sarete soltanto dei Robin Hood. Johnny mi permetto di pronosticare che sarai uno splendido Robin Hood. Ma come Robin Hood sarai infinitamente meno utile, meno serio, meno meritevole e, bada bene, meno bello dell’ultimo partigiano comunista[12].
Il modello epico
Pedullà rileva come Fenoglio racconti l’esperienza personale attraverso la lente letteraria seguendo un modello epico e come il meccanismo narrativo abbia la cadenza ripetitiva propria del romanzo eroico per dare il senso dell’eternità, mentre il ritmo solenne ricorda Schiller, Goethe e Omero e dà l’impronta all’architettura letteraria della scrittura.
Nella costruzione del protagonista Fenoglio proietta la sua aspirazione di narratore con continue allusioni letterarie e con l’uso dell’inglese, che rimanda alla cultura anglosassone dell’età elisabettiana, studiata al Liceo con la prof. Marchiaro.
Johnny cita i libri della sua formazione quasi a resistere culturalmente agli effetti distruttivi della guerra. Secondo la testimonianza del suo professore di filosofia Pietro Chiodi, Fenoglio, al liceo, ricercava nella cultura dell’Inghilterra elisabettiana e rivoluzionariala propria “formazione”, in una lontananza metafisica dallo squallido fascismo provinciale che lo circondava. Più volte mi disse che da adolescente aveva spesso sognato di essere un soldato dell’esercito di Cromwell, con la Bibbia nello zaino e il fucile a tracolla[13].
Il Johnny della Resistenza è, infatti, un guerriero di Cromwell con lo spirito giovanile di avventura. Lo studente modello con grandi aspirazioni si proietta nel partigiano modello dell’inverno 1944, fedele al suo impegno e ai suoi compagni.
Nel romanzo “grosso” la prima parte ha un andamento circolare, che sembra senza sbocco (il periodo fascista) e che diviene lineare nella seconda parte (la Resistenza), proiettata verso il futuro, in cui nulla potrà essere più come prima. La scelta resistenziale è un passaggio senza ritorno e sarà difficile rientrare nella normalità dopo quel periodo eroico.
La Resistenza di Johnny
L’esperienza resistenziale di Fenoglio è individualista come quella di Milton in Una questione privata. I suoi protagonisti partigiani combattono una propria guerra “morale” contro i fascisti, prima ancora che contro i tedeschi, alimentando l’odio fratricida con un umanesimo esistenziale.
Nel momento in cui si ribella al fascismo, Fenoglio non rifiuta il sistema militare, anzi ricerca l’organizzazione, la disciplina e la distinzione tra ufficiali e partigiani, apprezzando le regole formali dell’esercito apprese durante il corso allievo ufficiali a Roma, descritto in Primavera di bellezza.
Dopo un breve passaggio nella formazione garibaldina “Stella rossa”, rifiuta, dunque, l’ideologia del commissario politico e critica lo spontaneismo e l’antimilitarismo della democrazia della banda, costituita da giovani provenienti dai ceti popolari. Tra i garibaldini si sente dalla parte giusta, ma in un settore sbagliato, Really, I ‘m in the wrong sector of the right side[14], e si arruola nella II Divisione Langhe degli Autonomi, rispondenti alle sue motivazioni ideali.
Gli Autonomi, fedeli al giuramento al re e convinti della funzione di comando degli ufficiali, intendono la Resistenza come guerra patriottica contro i fascisti per ristabilire l’onore dell’esercito e della patria e ricostruire l’identità nazionale. Johnny esprime una grande ammirazione per il comandante Nord, (modellato sulla figura del capo della II Divisione Langhe Piero Balbo “Poli”), descritto bello e elegante nelle sue divise, che riproduce la rigida disciplina dell’esercito nel raggruppamento partigiano e accoglie le ragazze in formazione. Su incarico di “Poli” Fenoglio svolge, con orgoglio per la sua impeccabile divisa, la funzione di ufficiale di collegamento e interprete della Divisione presso la missione inglese nel Monferrato.
L’incontro con la morte
Nella narrativa di Fenoglio c’è l’ossessione della morte “giovane”, calata in una “sconfinata solitudine”[15], come conseguenza inevitabile della guerra civile. In molti episodi i protagonisti, Milton e Johnny, vengono descritti in fuga, braccati, ma non si capisce se la fuga sia “dalla” morte o “verso” la morte. L’incontro con la morte è la fine di una singola esistenza, ma anche l’atto di coraggio supremo per difendere gli altri compagni e il ricordo del caduto rimane nei cuori e fissato nei monumenti.
Il racconto Una questione privata[16] si conclude con la morte di Milton, il protagonista che combatte la sua guerra personale alla ricerca di un fascista da scambiare con l’amico Giorgio, catturato dal nemico. Milton vuole liberare l’amico per sapere se abbia avuto una relazione con Fulvia, la ragazza torinese di cui è innamorato. Giorgio è bello, Milton è brutto ed è ossessionato dal pensiero che Fulvia lo abbia tradito. Milton riesce a catturare un fascista, ma è costretto a ucciderlo e muore anche lui, senza poter salvare Giorgio e senza sapere la verità.
A volte, come in Primavera di bellezza, la morte del protagonista è anche l’artificio letterario per concludere il racconto e darlo alle stampe.
Il corpo del partigiano diventa la vittima simbolica della violenza. La descrizione del cadavere di Tito, trasportato verso la chiesa, è una pagina epica di struggente dolore e di esaltazione del giovane rappresentato come un eroe greco: Il camion veniva, affrontando l’ultima rampa con un urlo da Sisifo. Johnny guardò un’ultima volta dalla parte opposta e vide la chiesa gaping, per la sua irrinunciabile funzione. Il camion landed, gli uomini accorsero ad abbattere il spondale, e si vide quanto doveva essere veduto. Tito era chiuso nel lenzuolo – la moglie del dottore guardava con le dita alle labbra la muffa rossa fiorita sul suo bel lenzuolo matrimoniale – chiuso ermetico, come un morto in montagna o in mare. Nella portata della chiesa il Biondo lo scapucciò, lo scoprì fino alla cintola. He sailed in front of Johnny: ci vide un sigillo di eternità, come se fosse un greco ucciso dai Persiani due millenni avanti. Profonda era l’occhiaia, la pelle già ridotta a pura fremente cartilagine, sentente la brezza, e la bocca lamentava l’assenza di baci millenari. I suoi capelli assolutamente immobili e grevi, i capelli d’una statua[17].
Ne Il libro di Johnny descrive con forza epica un altro destino di morte, quello del comandante badogliano Pinin Balbo durante l’assalto “con passo feroce” nella battaglia di Valdivilla (febbraio 1945), la cui fine tragica segna il trionfo da eroe[18].
La morte è tema ricorrente anche nei racconti di Langa, quasi una premonizione della sua vita stroncata a 41 anni.
Fenoglio affronta la sua morte con grande dignità, chiuso nella sua solitudine senza più voce, soffocata dall’operazione di asportazione del tumore alla laringe. Pietro Chiodi ne è il testimone: Noi tutti che gli fummo vicini possiamo testimoniare che non ebbe mai un attimo né di scoramento né di rivolta. Scrisse diversi biglietti, sempre con la solita calligrafia, ai parenti e agli amici. Diede precise disposizioni per i suoi funerali che volle fossero “laici, senza fiori, senza soste, senza discorsi”. In un biglietto stabilì l’ordine con cui desiderava che i suoi racconti venissero ripubblicati.
Senza versare una lacrima consegnò a sua moglie questo biglietto di addio per la sua piccola Margherita: “Ciao per sempre, Ita mia cara. Ogni mattino della tua via io ti saluterò, figlia mia adorata. Cresci buona e bella, vivi per la mamma e con la mamma, e talvolta rileggi queste righe del tuo papà che ti ha amato tanto e sa di essere sempre in te e per te. Io ti seguirò e proteggerò sempre, bambina mia adorata, e non devi mai pensare che io ti abbia lasciato”[19].
Dopo la guerra
A Liberazione avvenuta, conclusa in breve tempo l’istruttoria delle epurazioni dei fascisti nei ruoli pubblici con l’atto di pacificazione nazionale dell’amnistia (giugno 1946), con l’esclusione dei comunisti e dei socialisti dal governo (maggio 1947), si apre la fase dei processi ai partigiani e della loro emarginazione negli uffici pubblici e in fabbrica. Contestualmente inizia il periodo della guerra fredda con la contrapposizione tra USA e URSS e l’entrata dell’Italia nell’alleanza militare NATO.
In quel periodo si accende il dibattito sul ruolo svolto dai partiti della sinistra nel movimento di liberazione nazionale e sugli stessi valori resistenziali di uguaglianza sociale e di giustizia.
Nel 1952, quando è forte l’ostracismo verso i partigiani e i comunisti, Fenoglio pubblica il suo primo racconto resistenziale, I ventitre giorni della città di Alba[20]. Il libro, che racconta la trattativa tra Autonomi e fascisti tramite l’episcopato, per la discesa dei partigiani ad Alba (10 ottobre 1944) e la loro ritirata (2 novembre ‘44), suscita molte critiche degli ex-garibaldini che lo giudicano denigratorio dei combattenti della lotta di Liberazione, e qualche sconcerto anche tra le file degli ex-Autonomi.
E proprio in quegli anni di forti contrapposizioni Fenoglio comincia a scrivere il romanzo “grosso”, chePedullà inquadra in quel contesto storico di “battaglia della memoria”. Il critico definisce la trama complessiva del romanzo di Fenoglio un’opera a tesi: Per dirla senza troppi giri di parole, Il libro di Johnny deve essere riconosciuto come una delle più riuscite macchine ideologiche della letteratura italiana moderna[21]. E paragona la funzione di Fenoglio a quella svolta da Manzoni con I promessi sposi, due maestri nel presentare le proprie convinzioni come una verità inscritta nelle cose.[22]
Secondo Pedullà il romanzo “grosso” èuno dei frutti più evidenti della guerra fredda e del durissimo scontro politico e culturale tra Oriente e Occidente che in tutta Europa caratterizzò gli anni Cinquanta. Fenoglio sentiva molto la contesa, e della sua passione antisovietica si trova più di una traccia nel suo grande ciclo romanzesco[23]. Il comunista Leonardo Cocito è presentato con un atteggiamento ambiguo per il suo legame con l’URSS e la rigidità ideologica e i garibaldini sono descritti cinici, antidemocratici e anche militarmente inefficienti. Successivamente Fenoglio abbandona la fede monarchica del periodo partigiano per avvicinarsi al partito socialista, avendo una grande stima del segretario Pietro Nenni.
Contemporaneamente alla pubblicazione de I ventitre giorni della città di Alba, Beppe Fenoglio scrive La paga del sabato[24], la storia di Ettore ex partigiano che non si adatta alla vita normale del dopoguerra, fa fatica a trovare un lavoro e si lascia coinvolgere in affari poco puliti. Quando Ettore decide di sposarsi per regolarizzare la sua relazione con Vanda, vorrebbe uscire dal giro, ma muore in un beffardo incidente.
Con La paga del sabato, commenta Chiodi, Fenoglio diventa uno “scrittore civile” in quanto fa vedere il dramma del destino assunto necessariamente da una generazione, incolpevole, ma erede di colpa e di violenza subita. Questa interiorizzazione tragica prende la forma del “ritorno” di Fenoglio alla Langa, cioè del ritorno, dopo l’educazione letteraria, al fango antico delle colline, impastato da secoli di sudore e ora di sangue[25].
Madre Langa
Madre Langa è, infatti, il filo conduttore di tutta la narrazione fenogliana della guerra: paesaggio di nebbia, pioggia, neve, vento, fango, che con le sue pietre e i suoi boschi, ha sconfitto i fascisti.
Anche nei racconti La Malora[26] e Un giorno di fuoco[27] lo scenario è il paesaggio contadino arcaico. La storia di Agostino, venduto bambino per sette marenghi all’anno come servitore alla cascina del Pavaglione, dove anche i padroni sono poveri, dà la cifra della miseria, della fame e delle disgrazie della terra di Langa. Agostino viene da San Benedetto Belbo, il paese di origine della famiglia Fenoglio, dove Beppe adolescente, durante le vacanze, rintraccia le sue radici langarole ascoltando i racconti nell’osteria di Placido. Altri suoi personaggi, come Gallesio, Paco, Superino sono impastati di quella terra, ne hanno i connotati nel fisico e nel carattere. Dalle colline dell’Alta Langa, feroci e aspre, e da quelle della bassa Langa con creste più dolci e più materne emerge la religiosità ancestrale del silenzio della natura, che caratterizza la narrativa di Fenoglio.
Anche i fiumi, il Belbo e il Bormida e soprattutto il Tanaro, fanno parte della sua geografia letteraria. Da studente Beppe va con un libro sulle sponde del fiume, che esplora immergendosi nel punto più angusto e profondo, e si perde nell’osservare il musicale vorticare delle acque con le nebbie autunnali o le ondulazioni azzurre di primavera danzanti sul Tanaro.
Fenoglio, con la sua capacità straordinaria di descrivere i giochi stregati di luci e di ombre, la pioggia insistente e i sentieri vetrati di neve, rende il paesaggio di Langa un protagonista assoluto, che spesso ruba la scena agli stessi personaggi. Quel paesaggio severo e cupo è l’unico, insostituibile compagno del solitario partigiano Johnny. E, con il romanzo “grosso”, i lettori possono cogliere tutta la complessità letteraria e umana di Beppe Fenoglio.
(Il Platano, Asti, 2022)
[1] (a cura di) Gabriele Pedullà, Fenoglio, Il libro di Johnny, Einaudi, Torino, 2015.
[2] B. Fenoglio, I ventitre giorni della città di Alba, Einaudi, Torino, 1952.
[3] B. Fenoglio, La malora, Einaudi, Torino, 1954.
[4] B. Fenoglio, Primavera di bellezza, Garzanti, Milano, 1959.
[5] Opere pubblicate postume: Un giorno di fuoco, Garzanti, Milano, 1963; Il partigiano Johnny, Einaudi, Torino, 1968; La paga del sabato, Einaudi Torino, 1969; Un Fenoglio alla prima guerra mondiale, Einaudi, Torino, 1973; Racconti partigiani, Einaudi, Torino, 1976; Opere, edizione critica di Maria Corti, Einaudi, Torino, 1978; Romanzi e racconti, Einaudi, Torino, 1992; Appunti partigiani 1944-1945, Einaudi, Torino, 1994; Il libro di Johnny, Einaudi, Torino, 2015.
[6] (a cura di) Maria Corti, Beppe Fenoglio Ur partigiano Johnny, Einaudi, Torino, 1978.
[7] (a cura di) Dante Isella, Beppe Fenoglio, Il partigiano Johnny, Einaudi, Torino, 1992.
[8] Cfr. G. Pedullà, “Le armi e il ragazzo” in Fenoglio, Il libro di Johnny, cit. pp.XI- XIX.
[9] G. Pedullà, cit., p. LXXVI.
[10] Cfr. G. Pedullà, cit., pp. LVI-LXI.
[11] Cfr. G. Pedullà, cit. pp XIX-XXVI.
[12] Fenoglio, Il libro di Johnny, cit., Capitolo secondo, cit., pp. 215-216. Nell’edizione curata da Lorenzo Mondo Il partigiano Johnny (Einaudi, 1968) i due nomi diventano Monti e Corradi ela versione del dialogo (p. 18) è questa: -Tutto sta nell’intendersi sul vero significato della parola partigiano: - E Monti disse con forza sospirosa: - Partigiano è e sarà chiunque combatterà i fascisti. – Corradi lampeggiò: Ognuno di voi è infallentemente partigiano, sicuro di riuscire un partigiano. Non dico un buon partigiano, perché partigiano, come poeta, è parola assoluta rigettante ogni gradualità -. Corradi vede in Johnny, che rifiuta la sua ideologia, un ribelle velleitario: - Johnny, mi permetto di pronosticare che sarai uno splendido Robin Hood. Ma come Robin Hood sarai infinitamente meno utile, e, bada bene, meno bello dell’ultimo partigiano comunista.
[13] P. Chiodi Fenoglio inedito, in I quaderni Nuovi Incontri n. 4, Asti, 1968, pp. 41.
[14] Ivi, p. 55.
[15] Fenoglio, Il partigiano Johnny, Seconda parte cap. XXXI, p. 630.
[16] B. Fenoglio, Una questione privata, in Un giorno di fuoco, Garzanti, Milano, 1963, pp. 175-297, ristampato come romanzo autonomo Una questione privata, Garzanti, Milano, 1965.
[17] Fenoglio, cit., Seconda parte cap. IX p. 305.
[18] Fenoglio, ivi, cfr. cap. XLI.
[19] P. Chiodi, cit. pp. 39-40.
[20] B. Fenoglio, I ventitre giorni della città di Alba, cit..
[21] G. Pedullà, cit., p. XLIII.
[22] Ivi, p. XLIII.
[23] G. Pedullà, cit., p. XLIII
[24] B. Fenoglio, La paga del sabato, Einaudi, Torino, 1969.
[25] Cfr. P. Chiodi, cit. p. 43.
[26] B. Fenoglio, La malora, Einaudi, Torino, 1954.
[27] B. Fenoglio, Un giorno di fuoco, cit.