12/12/2009
Conversazione in una stanza chiusa con Leonardo Sciascia
Davide Lajolo, a cura di Fabio Pierangeli
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1978: rapimento ed esecuzione di Aldo Moro.
1982: agguato e uccisione del generale Dalla Chiesa.
Anni cruciali della storia italiana, nei quali si colloca, nel 1981, Conversazione in una stanza chiusa, la lunga intervista-colloquio di Davide Lajolo con Leonardo Sciascia, che qui si ripubblica. L’impegno politico, umano e sociale dei due scrittori, solidali su un fondo di valori comuni, vi trova un’espressione autentica, ben visibile nella diversità di carattere e di forma di intervento nella letteratura e nella politica.
«Lajolo. Concordi con il fatto che il primo partito nostro (di noi due) è la coscienza? Sciascia: Sì, la coscienza: come primo e, in definitiva, unico partito. Ma una coscienza, direi, fortemente improntata al diritto. […] Sento la Costituzione della Repubblica Italiana come un’oggettivazione della mia coscienza, come la carta che lamia coscienza non può né travalicare né tradire, e tanto meno possono travalicarla e tradirla le mie azioni. Poiché intorno è tutto un travalicarla e un tradirla, lamia coscienza si ritrae sempre più, si fa sempre più solitaria. […] Lajolo. Puoi spiegare esattamente il significato di “conservatore per essere rivoluzionario”? Sciascia. Il reazionario vuol conservare il peggio. Il conservatore ilmeglio. È soltanto conservando il meglio del passato che si può guardare al futuro e andare avanti. Lajolo. Tu sei provocatore o pensatore stimolante? Sciascia. Non provocatore per vocazione: non nascondo quello che penso. Semplicemente. Posso anche aggiungere: candidamente».